Ce l’hanno presentato parlando della sua magia, come “una incredibile occasione di rivisitare e approfondire questo capolavoro”, ma la versione Live-Action di Pinocchio offerta da Robert Zemeckis sembra mancare proprio della prima e di non esser riuscito a fare quanto si prefiggeva, con buona pace di Tom Hanks e del suo commovente Geppetto. Tutto già visto, già ottant’anni fa, salvo l’aggiornamento della storia secondo quando consigliato dalla sensibilità moderna e – forse – da una sorta di calcolo politico da parte della Disney stessa.
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“Excusatio non petita, accusatio manifesta”, dicevano persino prima che il nostro Carlo Collodi desse per primo la vita al burattino di legno nato nel 1883, e dopo le tante polemiche affrontate dagli Studios californiani è difficile non pensare male nell’assistere all’inserimento di comari afroamericane nella piazza di un borgo toscano del secolo scorso o di un generale buonismo, che cancella completamente tutta la simpatia e l’evoluzione dell’originale protagonista, scavezzacollo e ribelle quanto i figli di Ned Flanders.
Per non parlare della totale assenza del concetto di povertà, in fondo giustificato dalla volontà di rifarsi al Classico del 1940. Al quale questa produzione si riferisce con estrema – anche troppa – fedeltà, tranne che nel setting (qui effettivamente italiana, toscana, fino alla esplicita citazione della città di Siena) e nel finale. Unica sorpresa che vi aspetta, per quanto figlia di un costante insistere sui concetti di accettazione e diversità.
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In questo senso, è fedelissimo il grillo, perfetto Geppetto, le apparizioni del Gatto e la Volpe, in una riedizione scena per scena che vista la quantità di personaggi reali coinvolti a tratti dà l’impressione di essere più in una animazione CGI vera e propria che in un Live-Action. A parte una limitata la presenza della fata – blu e non turchina, come noto – e la trasformazione dell’intermezzo marino o del finale ‘socialista’ del teatro delle marionette, merita una nota il divertente momento dei cucù, una matriosca di citazioni Disney, dallo stesso Pinocchio ai vari Paperino, Toy Story, Maleficent, Roger Rabbit, Dumbo, Re leone e Biancaneve.
Geppetto è un vedovo chiuso in sé stesso, che piuttosto che tentare “altri modi per fare un bambino” (dato che “non esce molto”) si rifugia nella speranza, un vecchietto che ispira tenerezza e che – dato anche il già detto – offre a Tom Hanks poco spazio per interpretare, rendendo quella del Mangiafuoco del nostro Giuseppe Battiston la presenza ‘umana’ più notevole. Per altro arricchita da qualche colorito improperio, in italiano nella versione originale.
Pinocchio – Intervista a Giuseppe Battiston
Se avete amato il Classico del 1940, questa sarà l’occasione di rivederlo con un abito diverso, nel quale si integrano egregiamente animazione e recitazione, ma che risulta eccessivamente ripulito. Un manuale del bravo bambino – “coraggioso, sincero e altruista” – che sembra presupporre un pubblico superficiale come la lettura che si dà dei personaggi più giovani. Messi in guardia dai rischi della fama, dei social, del consumismo, del fumo (presente allora e qui eliminato, come il sorso di birra mancante dal vecchio boccale) e dei vari eccessi moderni puniti da un Paese dei Balocchi teatro di saccheggi selvaggi e arricchito da un tocco di soprannaturale in fondo superfluo.
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Questo Pinocchio insomma è un po’ più noioso: è già buono, ha una sua morale, sa cosa è giusto, e non gli si allunga il naso. Quasi mai, di certo non come nel libro. Che al di là di filologia e lettura delle singole situazioni speriamo di veder rispettato maggiormente dalla versione di Guillermo Del Toro, uno che potrebbe aver voglia di recuperare gli aspetti più cupi, interessanti, e anarchici del personaggio e la sua parabola.