Procida Film Festival, Ivan Cotroneo: «Difendiamo i diritti delle comunità svantaggiate»

Il regista de "La vita che volevi", la prima serie Netflix italiana con protagonista una donna transgender, si racconta al Procida Film Festival in difesa degli outsiders

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Vittoria Schisano e Ivan Cotroneo sul set de "La vita che volevi"

Al dodicesimo Procida Film FestivalIvan Cotroneo si sbottona sulle ragioni che l’hanno portato a raccontare nella miniserie Netflix in 6 puntate La vita che volevi la storia di Gloria (Vittoria Schisano), una donna transgender, che vive in Salento, dove dirige un’agenzia turistica insieme ad Eva (Bellarch). Gloria ha un amore, due nipotini, una sorella, molti amici: una vita piena, finché i fantasmi del passato non bussano alla sua porta, rompendo la quiete che aveva impiegato anni a costruirsi.

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Nella serie ha scelto di mettere al centro una donna transgender, una scelta audace.

«Non esiste un precedente in Italia: questa è la prima serie in cui la protagonista è trans e non volevo proporne la visione di una donna emarginata, ospedalizzata, o sex worker: sono tutti cliché con cui troppo spesso i transgender vengono rappresentati. Volevo che la narrazione fosse universale, per questo ho scelto, insieme alla co-sceneggiatrice Monica Rametta, di raccontare, piuttosto, la scoperta di Gloria di essere genitore, un’esperienza che può appartenere a chiunque».

La società si è mostrata pronta a una storia del genere?

«Più di quanto si immagini. I dati d’ascolto ce lo dicono. Le persone possono e vogliono accogliere tante cose, non soltanto una transgender protagonista, ma anche il concetto di famiglia plurale, che vada oltre la formazione canonica della famiglia che esisteva 50 anni fa. Oggi i nuclei familiari sono diversi, abbracciano tante fattispecie, ed in Italia non sono ancora regolamentati, ma le persone, al contrario, sono pronte ad accoglierle, perché le conoscono, le frequentano: esistono famiglie che non trovano collocazione normativa e nonostante questo vivono nella società felicemente. Hanno soltanto bisogno di una tutela legale che noi in Italia non riusciamo ancora a fornire».

Vittoria Schisano e Pina Turco sul set de “La vita che volevi”

Qual è il problema in Italia?

«Per una questione legislativa io che sono omosessuale non posso avere un matrimonio egualitario a quello degli etero. Non ho gli stessi diritti, per questo il mio compagno ed io non ci sposiamo. Noi rientriamo tra i pochissimi Paesi europei che vivono questa situazione. Non abbiamo neanche una legge contro l’omofobia, perché evidentemente a chi ci governa non interessa riconoscere l’aggravante omofoba come fonte di odio, eppure basta guardare i fatti di cronaca per rendersi conto che è un problema esistente. Il governo dovrebbe essere più inclusivo e capace di accogliere le istanze di tutti, mostrarsi attento alle esigenze della società. Basterebbe capire che non è una questione di propaganda politica, ma di tutela di persone, di figli, di coppie gay. Dovremmo interrogarci sul benessere dei più deboli e dei minori che hanno diritto di avere una famiglia, ma che il nostro ordinamento al momento non riconosce come tale».

Sarebbe cambiato qualcosa se la fiction fosse uscita sulla tv generalista, anziché su piattaforma?

«Abbiamo proposto la serie direttamente a Netflix, perché attenta alle storie del genere e perché volevamo raggiungere un pubblico più ampio, che uscisse dai confini nazionali. Non c’è stato un rifiuto da parte della tv nei nostri confronti. Storicamente io ripongo molta fiducia, anzi, nella tv generalista, che si è mostrata nel tempo capace di raccontare la società in tutte le sue forme. Tutti pazzi per amore, che ho scritto nel 2008, è uscita su Raiuno in prima serata e al centro della storia c’è un genitore che deve raccontare ai figli della propria omosessualità».

Ci vorrebbero più serie come questa?

«Bisognerebbe parlare di più della difesa dei diritti delle persone appartenenti a comunità svantaggiate, come quella LGBT, che, però, non è l’unica. Io scendo in piazza non soltanto per la comunità a cui sento di far parte, ma per i diritti di tutte le persone che sento limitati, anche quelli delle donne, che per colpa del patriarcato e del governo attuale sono penalizzate. In Italia esiste un gender gap assurdo tra maschi e femmine, che non dovrebbe esserci. Per questo voglio portare avanti la mia idea di accendere una luce sulle persone e sulle storie che normalmente non vengono raccontate».