American Horror Story 6×04: quando la luna si tinge di rosso sangue (RECENSIONE)

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E’ stato un mercoledì letteralmente impregnato di sangue, quello che ci ha visti spettatori dell’ultimo capitolo di Roanoke: perfino la luna non ha perso occasione di ammantarsi del medesimo colore. Un simile democratico sadismo – sia nei riguardi dei personaggi contemporanei che di quelli antichi – non lo vedevamo dalla crudeltà totalmente gratuita del Dandy Mott di Freak Show, protagonista della stagione alla quale più di tutte, in termini di riferimenti, si è prevedibilmente avvicinato il quarto episodio. Il sangue dei Mott è stato infatti il primo ad essere sacrificato alla fine del Settecento, quando la dimora dei Miller fu progettata e costruita, per purificare nuovamente le terre in cui da tempi immemorabili albergano tanto i leggendari coloni di Roanoke quanto l’inestinguibile spirito gaelico di Scathach. Finalmente possiamo infatti dare un nome anche alla perfetta Lady Gaga di quest’anno, lontana anni luce dall’inconsistenza della Contessa alle redini di Hotel, e molto più credibile mentre sibila o sussurra sommessamente accompagnando le parole con peculiari movenze sinuose e qualche cenno d’istinto animalesco. Di lei si subisce il fascino come delle sirene odissiache, o si cade in trance come una menade in estasi per Dioniso.

La Scathach concepita da Murphy è peraltro tanto più sorprendente perché politicamente corretta: contrariamente all’interpretazione che ne potevamo trarre sino alla settimana scorsa, come di un ancestrale spirito dei boschi fattosi scudo della colonia di Roanoke per paura che il suo territorio venisse soggiogato da barbari invasori, essa è invece sintesi perfetta dell’identità americana, cioè cultura preesistente che ha trovato altra linfa vitale e opportunità nella terra vergine del Nuovo Mondo.

Ora però ci si chiede se l’aver conosciuto i suoi drammatici trascorsi di figlia reietta e pericolosa strega rappresenti un punto di arrivo o un nuovo slancio nell’arco narrativo pensato dagli autori. Lo stesso valgasi per la Macellaia e il suo stuolo di uomini asserviti: la vedremo di nuovo sventrare le sue vittime e rivendicare con le solite nenie i suoi possessi, o riuscirà finalmente a convincersi che il mondo dei vivi non può concedersi il lusso di fermarsi come lei nell’eternità? Certo è che aver accettato di differire l’assalto della colonia alla grande villa dei Miller a patto che Matt le si concedesse, da parte della dea Scathach è sembrata o una caduta di stile o la scelta consapevole degli autori di evidenziarne il limite che potrebbe in qualche maniera annientarla.

Peccato anche per la decisione di eliminare ancora a caldo, per così dire, gli stravaganti Elias Canningham e il sensitivo Cricket, ma si ha il sospetto che sia Denis O’Hare sia Leslie Jordan possano di nuovo far capolino sottoforma di fantasmi, come tutti coloro che in un modo o nell’altro hanno avuto la sfortuna di avvicinarsi alla villa, assumendo dopo la morte i connotati di veri e propri freaks incapaci di un trapasso definitivo.