Quando venne fuori che Marc Cherry, dopo la fine di quel gioiellino del terzo millennio che è stato Desperate Housewives, stava lavorando alla produzione di una nuova sitcom per Lifetime incentrata su un gruppo di domestiche alle prese coi segreti dei loro ricchi datori di lavoro, si gridò subito al sicuro doppione, o quantomeno a un surrogato delle casalinghe per mantenere Cherry ancora a galla nel mare dello showbiz. Gli ingredienti per il successo, dall’umorismo irriverente alla stravaganza dei personaggi, dalle storie intriganti agli intrecci riusciti, c’erano tutti, ma tutti si erano già visti proprio in Desperate. Eppure l’errore fu di primo acchito proprio il fatto di considerare quel già visto come un’originalità di Desperate, non invece come un marchio del suo autore, una costante del suo stile, che ora sappiamo essere inconfondibile. E a ben vedere, infatti, in Devious Maids manca quella dose di dark che serpeggiava segretamente in Desperate, così come a Desperate mancavano le situazioni esagerate e i caratteri naif fra i personaggi di Devious.
Stagione dopo stagione – voglio dire – non solo si è reso evidente che i due prodotti non hanno tra loro nulla di simile se non l’autore che gli ha dato vita, ma Devious Maids è inoltre riuscito pian piano ad emanciparsi completamente dall’idea di essere una copia mal riuscita delle casalinghe disperate, perché il pubblico ha imparato a conoscerne le protagoniste e le loro attitudini, a coinvolgersi nelle loro scelte, a ridere della loro ingenuità o ad approvare le loro riflessioni morali alla portata di tutti, senza più metterle a confronto con le abitanti di Wisteria Lane.
Arrivate alla quarta stagione, le domestiche di Beverly Hills Carmen (Roselyn Sanchez), Rosie (Dania Ramirez), Zoila (Judy Reyes) e Marisol (Ana Ortiz) si muovono con disinvoltura in uno schema narrativo consolidato, ma non per questo ripetitivo: sul fil rouge del mistero di stagione (un omicidio, un grosso segreto) si allacciano tutte le altre storyline riguardanti la vita personale delle cameriere, costrette spesso a fare i conti con le differenze di classe tra loro e i datori di lavoro, per i quali tuttavia sono indispensabili sotto ogni aspetto. L’originalità maggiore sta nell’imprevedibilità dell’intreccio principale, in special modo al momento della soluzione del mistero, che svelato soltanto nell’ultimo episodio della stagione riesce sempre a sorprendere lo spettatore. Nel resto degli episodi il ritmo si mantiene esponenzialmente frenetico, le scene sono quasi tutte dinamiche e certo non mancano mai di ironia, anche in situazioni che realmente avrebbero poco di divertente. Tutto ciò aiuta a passare quaranta minuti di leggerezza, assolutamente mai banali.
Detto questo, rimane inspiegabile per quale motivo Devious Maids abbia registrato un continuo calo negli ascolti, che l’hanno condotto dalla media di due milioni di spettatori della prima stagione a quella di nemmeno uno dell’ultima andata in onda. Ogni anno la serie ha tenuto col fiato sospeso anche sul suo destino, perché la tempistica del rinnovo è sempre stata dilatata dal network sino all’ultimo minuto. A tutt’oggi, malgrado anche questa quarta serie si sia conclusa con un eccezionale cliffhanger, i produttori non hanno alcuna certezza sul rinnovo. Sabrina Wind, executive producer, ha lasciato intendere via TVLine che la quinta stagione sarà proposta al network, ma che non esiste alcuna certezza sulla sua realizzazione. Eppure, i presupposti per un nuovo emozionante capitolo della serie ci sarebbero tutti: l’incognita del matrimonio fra Peter e Marisol e la misteriosa scomparsa di quest’ultima (scappata forse con Jesse?), il travagliato divorzio dei Powell, il segreto di Rosie sulla paternità del piccolo Tucker, o quello di Dani sul padre, e non ultima la svolta sentimentale di Genevieve, con l’entrata nel cast di Sharon Lawrence.
Lifetime ci pensi bene, perché cancellare Devious Maids significherebbe non solo fare del male ai fan che ne aspettano semmai un vero e proprio finale di serie, ma anche privarsi di uno dei soli due show di sua produzione in grado di alleggerire in maniera originale, con brio e ironia di qualità, un palinsesto altrimenti tempestato di reality e nulla più.