«Ci stiamo riuscendo», dice Sergio Castellitto, Presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia, nel presentare, in dialogo con lo scrittore Edoardo Albinati, l’annunciata e ambiziosa Diaspora degli artisti in guerra: tre giorni di incontri, proiezioni, masterclass (e una mostra fotografica) alla presenza di autori cinematografici, letterari e altro ancora, provenienti da luoghi del mondo feriti dai conflitti bellici. L’attore e regista romano usa prudentemente il gerundio perché ciò di cui si parlerà «accade contemporaneamente a noi» e la guerra, come un virus (altra emblematica tragedia di questo decennio), «ha delle varianti».
Nondimeno l’evento, finanziato dai fondi del PNRR, ha ormai preso forma: l’appuntamento è dal 19 al 21 giugno, il primo giorno dedicato alla Diaspora dei cineasti, il secondo allo Sguardo del cinema italiano sulle guerre, mentre l’ultimo seguirà un percorso Nei paesi in guerra. L’esposizione invece (a cura di Antonella Felicioni) riguarderà la Diaspora delle donne, e vedrà al centro grandi autrici e attrici del nostro cinema quali Anna Magnani, Sophia Loren, Lina Wertmüller, Liliana Cavani, Claudia Cardinale, Rosanna Schiaffino, Lucia Bosè, Giovanna Ralli, Clara Calamai, Gina Lollobrigida e Silvana Mangano.
All’origine dell’iniziativa, inevitabilmente, le notizie dall’Ucraina invasa dalla Russia e di Gaza, dove l’offensiva militare di Israele (che non accenna a fermarsi) ha provocato ormai quasi 40.000 morti, per la maggior parte donne e bambini. Proprio dall’idea di organizzare «una sorta di Camp David» tra un cineasta israeliano e uno palestinese, spiega Castellitto, nasce, quella che diventerà la Diaspora: «Una parola drammatica che però in qualche modo è una parola di pace», afferma il Presidente del CSC, «perché chi viene cacciato, costretto ad un esilio, a un trasferimento fisico, trasferisce anche la propria memoria, i propri ricordi, le proprie frustrazioni: e riaccende la possibilità della ricostruzione, in un altro luogo, di quello che ha lasciato».
Del resto, sentirsi «un po’ in diaspora, abbandonato, sempre sull’orlo di un baratro, di un’incertezza» è una «condizione abbastanza naturale per gli artisti», prosegue Castellitto, che con questa tre giorni, aperta a tutti coloro che vogliano partecipare scrivendo all’indirizzo e-mail [email protected], punta dichiaratamente a rompere l’aura di «conventualità» di un luogo come il Centro Sperimentale.
I nomi coinvolti, non per nulla, sono già molti e di peso: il 19 vedrà gli interventi di filmmaker come il libanese Khalil Joreige (col suo film Je veux voir, realizzato in coppia con Joana Hadjithomas), l’ucraina Maryna Er Gorbach (che presenterà Klondike, sulla guerra in Donbass, assieme all’attore turco Mehmet Er), i siriani Saeed Al Batal (con Still Recording) e Hala Alabdalla (As if We Were Cathcing a Cobra), il ciadiano Mahamat-Saleh Aroun (Daratt) e il pioniere del cinema palestinese Michel Khleifi, con La mémoire fertile. Saranno presenti inoltre lo scrittore israeliano David Grossman e il card. Gianfranco Ravasi, che dialogheranno con Castellitto.
Il 20 troveremo Elda Ferri (produttrice del doc I bambini di Gaza, che sarà proiettato), Giacomo Abbruzzese (di cui vedremo il corto Archipel e l’opera prima Disco Boy), Massimo D’Anolfi e Martina Parenti (col loro Guerra e pace), Costanza Quatriglio (con Sembra mio figlio) e Stefano Savona, intorno al cui La strada di Samouni si articolerà un incontro con la partecipazione dei compositori Jean Mallet e Giulia Tagliavia, mentre la giornalista Francesca Mannocchi sarà presente col doc Isis Tomorrow – The Lost Soul of Mosul. Ospiti infine due testimoni della terribile situazione in Palestina, Bassam Aramin (palestinese residente nei territori occupati da Israele) e Rami Elhanan israeliano: entrambi hanno perso una figlia, uno per un attacco suicida palestinese, l’altro per il colpo di un soldato israeliano. Ne è nato l’impegno di entrambi per la fine dell’occupazione come condizione necessaria alla pace.
Si chiude il 21 con altri registi e autori importanti: dal russo Aleksandr Sokurov (di cui rivedremo il recente Fairytale) all’israeliano Hagai Levi (creatore del format da cui è nato In Treatment) fino alla bosniaca Jasmila Zbanic (che porta il pluripremiato Quo Vadis, Aida?). E poi ancora il sudanese Mohamed Kordofani (Goodbye Julia), l’afghana Sahraa Karimi (The Fobidden Reel), il congolese Dieudo Hamadi (Downstream to Kinshasa), l’iraniano Ali Asgari (Terrestrial Verses) e, dall’Italia, la scrittrice Lucrezia Lerro e l’artista di origini armene Yervant Gianikian, con due titoli della sua collaborazione con Angela Ricci Lucchi, Prigionieri della guerra e Oh! Uomo.
«Non siamo qui per stabilire chi ha ragione e chi ha torto, ognuno ha le sue idee», rimarca Castellitto, «ma lo specifico del nostro lavoro, della nostra arte, del nostro impegno sta nella cosa in sé». Anche senza ottenere un effetto diretto sul contesto di cui parla: «Guernica», il grande dipinto di Picasso ispirato al bombardamento nazifascista in Spagna, «non ha fermato le guerre, figuriamoci se possiamo fermarle noi: il nostro compito è la testimonianza». E una testimonianza sarà anche il film realizzato dagli allievi e studenti del CSC (supportati dai docenti) durante la tre giorni, raccontandone i momenti salienti, mentre gli allievi del corso di recitazione leggeranno e interpreteranno testi in prosa e poesia sui temi e Paesi dei titoli in programma.