Sergio Castellitto racconta il suo generale Dalla Chiesa: «Uomini così non nascono più»

All'anteprima del Torino Film Festival l’attore ha raccontato come ha dato vita a un uomo di Stato e a un padre di famiglia.

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«Con Rita ho passato un intero pomeriggio. Mi ha descritto un uomo che giustamente lei chiamava solo papà, facendomi venire i brividi, perché tutti dimentichiamo che dietro all’uccisione del generale Carlo Alberto, ci sono figli diventati orfani prematuramente. Credo che questo sia stato il sentimento che mi ha guidato per mettere in scena l’anima e la natura di un uomo che affermava di fare il proprio lavoro “per poter continuare a guardare in faccia i propri figli”». Così Sergio Castellitto ha raccontato alla stampa come ha voluto costruire Il nostro generale, la serie, in cui interpreta il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso dalla mafia a Palermo nel 1982.

«Uomini così non nascono più, sono figure antropologicamente ormai estinte – ha aggiunto Castellitto – Dalla Chiesa ha vissuto tutta la vita in guerra, prima la seconda guerra mondiale, poi la resistenza, ha attraversato la terribile guerra di piombo del terrorismo, finendo i suoi giorni nella guerra di mafia. Ho voluto interpretarlo con forte senso di responsabilità, qui sei il vestito che porti». La serie, in arrivo il 9, 10, 16 e 17 gennaio su Raiuno, diretta da Lucio Pellegrini e Andrea Jublin, co-prodotta da Raifiction con Simona Ercolani, è stata girata tra Roma, Palermo e Torino e in alcuni dei luoghi reali delle vicende narrate e non rinuncia a ripercorrere anche argomenti “scomodi”, come la P2, nelle cui reti finì impigliato anche il Generale. «Dalla Chiesa è caduto nella sedizione melmosa della P2 –   ha proseguito l’attore – È accaduto quando si sentiva isolato e i grossi nemici erano all’interno dell’Arma, è giusto contestualizzare i fatti, e la stessa  famiglia non ha negato la possibilità di raccontare anche questo».

«La famiglia ha letto i copioni e visto le prime puntate, si sono subito allineati alla decisione di raccontare un personaggio che era anche un essere umano –  ha sottolineato Lucio Pellegrini – È una storia che inizia come un’investigazione, mette in mostra la capacità di Dalla Chiesa di capire chi è il suo nemico che cambia sempre forma, se lo ritrova nell’Arma e nella politica e combatte una battaglia donchisciottesca con un nemico più grande di lui. Bellocchio ha raccontato i giorni del rapimento Moro, questa è una grande storia italiana che non  era mai stata raccontata, al di là del significato politico che può avere oggi, perché si tratta di personaggi che appartengono a un’altra era, pur essendo in grado di aprire dibattiti». «Quando ho detto a mio figlio di 15 anni che avrei interpretato Dalla Chiesa mi ha chiesto chi fosse – ha concluso Castellitto – Ho capito che era giusto farlo».