Settimana Internazionale della Critica, svelata la selezione ufficiale. In concorso per l’Italia “Anywhere Anytime”

La Delegata Generale Beatrice Fiorentino ha presentato i titoli della 39ma SIC, sezione autonoma e parallela di Venezia 81 organizzata dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. 9 lungometraggi (2 fuori concorso e 7 in concorso), tra cui il doc "Homegrown" sui suprematisti trumpiani. In programma anche 10 corti per SIC@SIC.

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Sguardi in presa diretta sul presente o allegorie dello stesso (e di ciò che potrebbe diventare), codici di genere e sperimentazioni, percorsi individuali e collettivi: il cinema giovane e d’autore nel senso più ampio e contaminato del termine si conferma non solo vivo ma più vitale che mai alla 39ma Settimana Internazionale della Critica, sezione autonoma e parallela organizzata dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) nell’ambito dell’81ma Mostra del Cinema di Venezia.

Dal 28 agosto al 7 settembre si articola il programma di quest’anno, con 9 lungometraggi (7 dei quali in concorso), tutti opere prime che, ha detto la Delegata Generale della SIC Beatrice Fiorentino, «si offrono come una finestra sul mondo, dalla quale è possibile osservare tutta la complessità del presente, la sua indeterminatezza, l’incertezza che accompagna i nostri giorni ad ogni latitudine del pianeta». Questi film somigliano allora a «un termometro che registra la temperatura in salita di una società sempre più in affanno, che si mostra senza censure in tutte le sue contraddizioni».

Come l’unico italiano in gara, Anywhere Anytime di Milad Tangshir: che ci racconta, prosegue Fiorentino, «l’Italia di oggi vista attraverso gli occhi dell’“altro”, in un dramma sociale sincero, pieno di umanità e commozione, che riesce nell’impresa di aggiornare la lezione neorealista instaurando un dialogo con il più recente cinema italiano. Come in una conversazione tra Vittorio De Sica e Matteo Garrone, i “ladri di biciclette” di oggi devono nuovamente affrontare un dilemma morale da cui dipende la loro sopravvivenza. È il risveglio amaro di chi è arrivato in Europa sognando una vita migliore».

Due invece i lungometraggi in competizione dagli Stati Uniti d’America, fotografati in una delle fasi più difficili di sempre, tra nuove istanze di protesta e cambiamento che faticano a trovare adeguata rappresentanza istituzionale e scenari da future guerre civili non più, si direbbe, esclusivo appannaggio delle distopie. Ce lo conferma il doc Homegrown di Michael Premo: dove «a rischio della sua stessa vita, il regista osserva dall’interno e senza giudizio le attività di un gruppo di suprematisti sostenitori di Trump, dai raduni in campagna elettorale fino all’assalto a Capitol Hill», in un film che, alla vigilia delle elezioni presidenziali 2024, «scoperchia in tutta la sua evidenza la schizofrenia del presente e lo stato di crisi delle moderne democrazie».

Un’immagine del doc Homegrown.

L’altro titolo dagli USA è No Sleep Till di Alexandra Simpson: tra «la Florida, le palme, l’oceano, le piscine, i neon e le ballate di Springsteen» e «all’orizzonte, un uragano che incombe», offrendo «uno sguardo sull’America e sul presente» e «la consacrazione di un’autrice capace di catturare lo smarrimento comune e la necessità di dare senso alla vita in un tempo sospeso in cui è la natura a decidere», anticipa la Delegata Generale.

Alla Francia sono affidate invece sia l’apertura che la chiusura, entrambe fuori concorso. Nel primo caso abbiamo la fantascienza cyberpunk al femminile di Planet B di Aude Léa Rapin: una storia di «libertà, uguaglianza, sorellanza» fra «due piani di realtà paralleli: da un lato le strade di una metropoli del futuro incendiate dalla rivolta, dall’altro una prigione virtuale di cui nessuno conosce le regole». Interrogandosi «sui principi etici che governeranno le nostre vite» e «guardando al cinema di Carpenter, Cameron, Shyamalan, con un inconfondibile “French Touch”».

Concluderà invece l’edizione Little Jaffna di Lawrence Valin, che dal cortometraggio omonimo del 2018 ci offre «un polar adrenalinico e avvincente ambientato fra le strade dei quartieri in cui pulsa il cuore della comunità Tamil parigina». Gli ingredienti sono «un traffico illecito da sventare, polizia, infiltrati, tradimenti, inseguimenti, ma anche la questione identitaria delle seconde generazioni figlie dei flussi migratori meno recenti». Un esempio di «cinema popolare dall’anima fiera, con un afflato politico e civile che non smarrisce mai il gusto per l’intrattenimento».

Tornando al concorso, si viaggia tra Regno Unito e Austria, rispettivamente con Paul & Paulette Take a Bus di Jethro Massey e Peacock di Bernhard Wenger. L’uno è «una rom-com anomala, un buddy movie bizzarro a tinte chiaroscure», che riflette su come «la generazione Bataclan affronta i propri fantasmi e la necessità di elaborare traumi personali e collettivi attraverso la messa in scena di episodi cruenti che esorcizzano il Male nella Storia». L’altro, con amara ironia (ma anche compassione) e tra echi di Lanthimos e Östlund, mette in scena «la tragedia di un uomo ridicolo, la sua progressiva presa di coscienza e l’inevitabile constatazione di un’amara verità: la vita è finzione, la vita è apparenza, la vita è vanità».

E si spazia oltre i confini europei e nordamericani col vietnamita Don’t Cry, Butterfly di Duong Dieu Linh e l’egiziano Perfumed with Mint di Muhammed Hamdy. Il primo, visionario affresco familiare in cui coglie una metafora della società, si muove tra «feng-shui e voodoo, lirismo e magia», parlando di «sogni che si infrangono contro una realtà mediata solo dalla fantasia». Laddove l’opera di Hamdy narra, col filtro del realismo magico, «una generazione condannata all’esilio perenne, incompresa e braccata per la sua germogliante “diversità”» e un Nord Africa «ancora spaccato fra tradizione e modernità».

Un’immagine del film Perfumed with Mint.

In palio il Gran Premio IWONDERFULL (10.000 euro) al Miglior film, assegnato da una giuria internazionale, il Premio del Pubblico The Film Club (3.000 euro), deciso dagli spettatori in sala, e il Premio Luciano Sovena al Miglior produttore indipendente (5.000 euro), conferito da una giuria di componenti dell’Associazione Amici di Luciano Sovena. I titoli della SIC concorrono inoltre al Premio Mario Serandrei – Hotel Saturnia per il Miglior contributo tecnico, al Premio Circolo del Cinema di Verona e, con tutte le altre opere prime di Venezia 81, al Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis”.

Completano come di consueto il programma i 10 corti italiani di SIC@SIC, due in co-produzione con la Francia, ovvero Dark Globe di Donato Sansone (film d’apertura fuori competizione assieme a The Eggregores’ Theory di Andrea Gatopoulos) e Playing God di Matteo Burani, fra i 7 titoli in gara (per il Premio al Miglior cortometraggio, alla Miglior regia e al Miglior contributo tecnico) accanto a At Least I Will Be 8 294 400 Pixel di Marco Talarico, Billi il cowboy di Fede Gianni, Nero Argento di Francesco Manzato, Phantom di Gabriele Manzoni, Sans Dieu di Alessandro Rocca, Things That My Best Friend Lost di Marta Innocenti. A chiudere fuori concorso la sezione abbiamo infine Domenica sera di Matteo Tortone.