23 donne, 23 storie, un film: Si dice di me è l’esordio alla regia di Isabella Mari, che segue Marina Rippa durante il suo laboratorio teatrale dedicato alle donne, nel quartiere Forcella di Napoli. Ne viene fuori un racconto intimo, delicato, sfrontatamente onesto sulle difficoltà da affrontare durante la propria vita e su quanto sia importante trovare persone – in questo caso sorelle non di sangue – con cui condividere paure ed esperienze, necessità e ricordi.
«Ho seguito Marina per 4 anni, totalmente rapita dal magico potere del suo progetto – racconta la regista classe ’91 – e mi sono resa conto che le donne, per creare i propri personaggi, scavano nelle loro storie e ricordi. Ne viene fuori un lavoro di scrittura collettiva. Loro all’interno del laboratorio si sentono libere di esprimersi, perché non ci sono occhi sconosciuti ad osservarle, non c’è censura né giudizio, non ci sono famiglie a criticarle, ma solamente loro, in quello spazio fuori dal mondo da cui nulla esce, tutto resta tra di loro e le aiuta nei propri percorsi personali».
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Il film, prodotto da Antonella Di Nocera e Claudia Canfora per l’indipendente Parallelo 41, è stato presentato in anteprima al Maxxi durante la Festa del Cinema di Roma. Insieme alla regista e a Rippa, le produttrici e le 23 donne coinvolte (Amelia Patierno, Anna Liguori, Anna Manzo, Anna Marigliano, Anna Patierno, Antonella Esposito, Flora Faliti, Flora Quarto, Gianna Mosca, Giustina Cirillo, Giusy Esposito, Ida Pollice, Iolanda Vasquez, Melina De Luca, Nunzia Patierno, Patrizia Iorio, Rosa Tarantino, Rosalba Fiorentino, Rosetta Lima, Rossella Cascone, Susy Cerasuolo, Susy Martino e Tina Esposito).
«Marina ha creato uno spazio in cui le donne si sentono loro stesse – ha continuato Mari – libere di potersi esprimere e confidarsi, condividere le proprie paure e le proprie esperienze senza filtri né pregiudizi. Ognuna di loro ha una storia particolare: c’è chi non ha la forza di lasciare il marito (e si convincerà a farlo grazie al laboratorio) e chi deve crescere da sola i propri figli e non si sente all’altezza (per poi rendersi conto del contrario). Tutte, grazie al lavoro con Rippa, trovano il coraggio e la motivazione e riescono a cambiare vita: si rendono conto che una seconda strada è possibile, ma anche Marina cambia insieme a loro».
Ma il film non racconta solamente la storia delle protagoniste del laboratorio, la stessa Rippa rimane inevitabilmente coinvolta dal loro coraggio, dalla loro fiducia, dalle loro paure.
«Non sono soltanto le donne ad avere bisogno di lei, ma anche lei di loro – ha concluso la regista – Marina supera ostacoli importanti della sua vita grazie alla forza e alla fiducia che loro le dimostrano. Il film, quindi, racconta in parte i percorsi delle 23 che aderiscono al progetto, ed in parte di Marina stessa, che le tiene per mano durante la crescita e la riscoperta di se stesse ed insieme a loro compie un cammino personale altrettanto significativo. Nonostante sia un racconto profondamente femminile, non c’è alcuna volontà di proporre un’opera femminista. Pongo l’accento, più che altro, sul senso di sorellanza pura e supporto reciproco che accomuna tutte queste donne e che nasce spontaneamente, attraverso la condivisione sincera delle proprie difficoltà e paure. Insieme si sostengono e si danno forza, sanno di poter contare l’una sull’altra e che il laboratorio sarà sempre un porto sicuro per tutte loro».