Steve McQueen: “C’è voluta una pandemia e la morte di Floyd per far risvegliare la gente”

Il regista di "12 Anni Schiavo" alla conferenza della Festa del Cinema di Roma

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Steve McQueen è ospite alla Festa del Cinema di Roma per ricevere il Premio alla Carriera e presentare Small Axe, la sua serie antologica composta da cinque lungometraggi ambientati tra 1969 e 1982 e accomunati dal tema della lotta al razzismo. Il regista ha presieduto nella giornata di oggi alla conferenza stampa del primo dei cinque film di cui si compone la serie, Red, White and Blue, incentrato sulla storia vera di Leroy Logan, agente nero che si scontra con il razzismo della polizia.

“Tutto quanto ha avuto inizio 11 anni fa – ha raccontato McQueen sul com’è nata l’idea di Small Axe – “Volevo portare sul grande schermo storie non raccontate riguardo la comunità nera del Regno Unito, nello specifico di Londra, che mostrassero l’attualità, la cultura e la politica. Insieme ai produttori e alla sceneggiatrice abbiamo lavorato a lungo, parlato con centinaia di persone. C’è una realtà ricchissima dietro e ci siamo chiesti come fosse possibile che queste storie non fossero ancora note.”

“All’inizio si era pensato ad una serie tv incentrata sulla storia di una famiglia dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, ma poi mi sono reso conto che c’erano tantissime storie interessanti e allora ho optato per delle trame individuali da inserire in un film.” 

Com’è cambiato il modo di raccontare le minoranze a Hollywood?

“12 Anni Schiavo” è stato un film rivelazione per molti. Ha avuto un successo straordinario di pubblico. A Hollywood si sono accorti che era possibile guadagnare anche con questi film. Non so se ci sono stati tanti progressi da allora. In un’industria elitaria ed esclusiva come Hollywood a me interessa più come viene trattato il cast tecnico, i montatori, costumisti, ecc.

Riguardo i recenti sconvolgimenti politici e sociali sul tema del razzismo, McQueen ha commentato:

“Non sono un fautore della violenza, la considero distruttiva, ma ad un certo punto purtroppo scatta la frustrazione e le azioni che si compiono sono il risultato di questa crescente tensione. Di recente abbiamo visto milioni di persone scendere e manifestare. C’è voluta una pandemia e la morte scandalosa di George Floyd prima che qualcuno dicesse “è giusto parlare di razza”. C’è stato un risveglio, tutti noi eravamo in lockdown, stavamo facendo i conti con la nostra fragilità. C’è stata una reazione, ma c’è voluta così tanta sofferenza per rendercene conto. Quello che sta succedendo oggi è collegato ad una pandemia e alla morte di George Floyd”.