The Queen of Spain, la regina Penélope Cruz

Su Prime Video la commedia The Queen of Spain di Fernando Trueba. Il regista: «Un film sull’amore per il cinema»

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«L’arte è ciò che ci rende umani, molto più di ogni altra cosa. Penso che anche la commedia
più evasiva ti aiuti a vivere».

Lo afferma il regista spagnolo Fernando Trueba, parlando del suo film The Queen of Spain (La reina de España), su Prime Video dal 22 marzo (distribuito da 102 Distribution).

La protagonista è Penélope Cruz, che riveste i panni di Macarena, già al centro di un precedente lungometraggio di Trueba, La niña dei tuoi sogni (1998), per il quale la star spagnola aveva vinto il suo primo Goya (tra i sette ottenuti dal film). E The Queen of Spain ne è appunto il sequel.

1956, Macarena, diva hollywoodiana affermata, torna nella natia Spagna per impersonare la regina Isabella di Castiglia in una grande produzione ispano-americana. Ma dovrà confrontarsi (anche) con l’oppressivo regime franchista. Sul set, intanto, fa capolino (camuffato da aiutante) Blas (Antonio Resines), già regista di punta in Spagna e poi ostracizzato per le sue idee di sinistra, ma intenzionato a rivedere Macarena, che aveva diretto nel suo film di maggior successo.

Una commedia politica e meta-cinematografica, insomma, che racconta essenzialmente «di un gruppo e dei suoi rapporti di amicizia e, naturalmente, dell‘amore per il cinema e la sua gente», dice il regista. Tra i film preferiti ambientati sui set, Trueba (trionfatore ai Goya
anche con La scimmia è impazzita e nel 1992 con Belle Époque, Oscar al miglior film straniero) cita «Effetto Notte, in cui girano un film senza importanza, e Ed Wood, sul peggior regista della storia, che faceva film deplorevoli, ma entrambi raccontano l’amore per la sua arte».

L’ironia nei confronti dell’industria cinematografica non manca in The Queen of Spain, come dimostra la sequenza musicale all’interno del “film nel film”.

«Mi chiedevo», racconta al riguardo il regista, «come avrei potuto includere una canzone, dato che il film che stanno girando è un film biografico su Isabella I Regina di Castiglia, non c’era spazio per le canzoni. All’improvviso ho pensato scherzosamente a come Hollywood guardasse alla storia in modo molto superficiale, quindi avere Isabella che canta Granada dopo aver conquistato Granada aveva senso».

Lo stesso personaggio di Macarena crea divertenti cortocircuiti col (vero) mondo del cinema, richiamando per alcuni aspetti la carriera della sua stessa interprete Penélope Cruz.

the queen of spain

«Entrambe hanno avuto successo a Hollywood e hanno anche girato film nel loro Paese», sottolinea Trueba, «Ci ho giocato un po’, ecco perché Macarena è anche un premio Oscar. Mi è piaciuto usare immagini speculari. E poi nel primo film Penélope era giovane, e questo
era giusto per La niña dei tuoi sogni, oggi la sua grande esperienza, il riconoscimento mondiale, il suo fascino, il fatto che lavori sia in America che in Spagna, è perfetto, quasi reale per The Queen of Spain».

Tra gli elementi di continuità che legano anche stilisticamente i due film, pur volutamente diversi tra loro, c’è anche l’uso dei cinegiornali, come specifica Trueba.

«Nel primo ho usato i cinegiornali dell’epoca per i titoli di testa, in questo sono andato un passo oltre e ho usato i cinegiornali per commentare come il mondo era cambiato negli anni tra i film, ma anche per vedere i personaggi evolversi».

La focalizzazione del contesto storico-politico è uno dei nodi chiave di The Queen of Spain, che rimanda allo spettro tutt’altro che scongiurato di un ritorno degli autoritarismi di destra in Europa.

«Ci sono posti come l‘Ungheria», afferma al riguardo il regista, «dove sono al potere e fanno cose antidemocratiche, anche l’Ue si chiede se i Paesi membri possano fare cose del genere. È come se desiderassimo tornare indietro su cose che ci sono voluti decenni per realizzare quando si parla di diritti umani, diritti delle donne, uguaglianza razziale… Mi piacerebbe pensare che questo fenomeno stia dando i suoi ultimi respiri, cercando disperatamente di rimanere in vita, ma sarebbe un eccessivo ottimismo da parte mia».