Tuesday Club, il debutto di Annika Appelin all’Isola del Cinema

Dopo aver lavorato alla scrittura de “Il Sospetto” di Thomas Vinterberg, la regista approda in anteprima a Roma con il suo primo film.

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L’Isola del Cinema è, spesso, l’“Isola delle Donne”. È impossibile negare, infatti, che questa edizione riservi un’attenzione particolare alla cinematografia femminile: basti pensare a Woodgirls, alla retrospettiva sulle autrici della Repubblica Ceca, all’omaggio a Clare Peploe e all’esordio di Madeleine Olnek con Wild Nights with Emily. Ognuna di queste registe ha saputo proiettare il proprio sguardo su realtà e finzione, decostruire il linguaggio e comporre visioni, quadri e prospettive nuove. È così che da un’autrice indipendente americana siamo passati, ieri sera, al debutto in anteprima di una sceneggiatrice svedese: Annika Appelin.

Il suo esordio alla regia avviene con Tuesday Club, una commedia romantica in cui la protagonista sessantenne, dopo aver scoperto un tradimento da parte del marito, finisce per invaghirsi di un noto chef che le da’ – di martedì – ripetizioni di cucina. L’innamoramento diviene il filtro attraverso il quale Karin (Marie Richardson) rivaluta la propria esistenza e le scelte compiute nella sua vita.

Potrebbe sembrare una commedia come tante altre, e tuttavia c’è un aspetto da considerare: la Appelin sembra prendere le mosse, nella sua narrazione, da un assunto di Foucault – «[…] l’amore è vicino all’illusione dello specchio e alla minaccia della morte. Se, nonostante sia circondato da queste due figure pericolose, ci piace tanto fare l’amore, è perché nell’amore il corpo è qui».

“Il corpo è qui”. Verissimo, se si pensa che il fulcro della narrazione sono quei corpi a cui spesso è negata la seduzione: corpi invecchiati, più vicini alla morte, vissuti e nondimeno ancora vivissimi. Attraverso la metafora della buona cucina, Karin riscopre se stessa, si prende cura di se stessa e ricomincia ad appassionarsi, ad amare e a vivere.

A tal proposito la regista ha dichiarato: “Alcuni anni fa ho iniziato a riflettere sull’invecchiamento, su come, purtroppo, le donne anziane vengono spesso ritratte nei film. Volevo raccontare una storia sulla passione, sul desiderio e sul fuoco che brucia forte anche quando il corpo invecchia… e adoro i film con il cibo. Il cibo è sensuale e bello, è un’ottima metafora della vita e delle sue sfaccettature. La mia ambizione era fare un film appassionante e divertente su tutte le “normali” donne invisibili, sulla loro amicizia e l’amore. Volevo fare un film in cui riconoscersi, un film che solletica l’immaginazione, che fa ridere e piangere allo stesso tempo”.

A prevalere sulla trama lineare, sui canoni della romcom – rispettati ed evidentissimi – è dunque lo spirito di rinascita che Annika Appelin sa imprimere al suo film. Il sorriso che suscita il finale, classicissimo nella sua costruzione, si arricchisce in tal modo della dolcezza di uno strato aggiunto.