Wolf Man, la recensione dell’horror che rinnova il cult

Dopo L'uomo invisibile, Leigh Whannell affronta un altro Classico Universal

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Wolf Man

“E se qualcuno che ami diventasse qualcos’altro?” ci chiede la frase di lancio del nuovo film della Blumhouse, diretto dallo sceneggiatore e regista Leigh Whannell, lo stesso de L’uomo invisibile del 2020 (e variamente coinvolto nei franchise di Saw e Insidious, oltre che in Matrix Reloaded, come attore). Con il quale questo Wolf Man – al cinema dal 16 gennaio, distribuito da Universal Pictures – ha in comune il tentativo di rinnovare un altro dei Classic Horror più cult. Interpretato dal candidato ai Golden Globe Christopher Abbott (Povere Creature!, It Comes at Night) e Julia Garner (vincitrice dell’Emmy già in Ozark e Inventing Anna), con la piccola Matilda Firth, il cast del film è completato da Sam Jaeger (The Handmaid’s Tale), Ben Prendergast, Benedict Hardie (L’uomo invisibile), Zac Chandler, Beatriz Romilly e Milo Cawthorne.

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IL FATTO

Dopo aver passato l’infanzia nei boschi con il padre cacciatore, Blake è ormai un uomo e vive a San Francisco con sua moglie Charlotte e la figlia Ginger. Quando lo raggiunge la notizia dell’ufficialità della morte del padre, scomparso anni prima, decide di tornare alla casa dove era cresciuto, per prendersi una pausa dalla città insieme alla sua famiglia. Ma quando si avvicinano alla fattoria nel cuore della notte, i tre vengono attaccati da un animale misterioso e sono costretti a barricarsi dentro casa mentre la creatura si aggira attorno al perimetro. Con il passare della notte, però, Blake inizia a comportarsi in modo strano e a farsi minaccioso, mettendo Charlotte davanti alla scelta se sia meglio restare barricata in casa o tentare una fuga disperata.

Wolf Man

L’OPINIONE

Dopo le alterne fortune di altri titoli e la soddisfacente riuscita de L’uomo invisibile, continua il tentativo di dare un taglio diverso, se non nuovissimo, agli horror su gli Universal Classic Monsters. Diverso, almeno, dall’ipertrofico – eppure piatto – remake di qualche anno fa che si era rivelato un fallimento tale da far quasi arenare il progetto di riesumare quei personaggi cult. In questo caso, il suddetto taglio è sostanzialmente quello di un film di genere e di altri horror Blumhouse, almeno nella premessa: pochi personaggi, location ridotte e una drammatizzazione molto specifica.

Il problema è che il concentrarsi in maniera tanto specifica sulla famiglia protagonista, l’ambientazione e il contesto nel quale si muove, lasciando la maledizione o la malattia che sia ai margini, tra leggenda popolare, diceria e suggestione, toglie qualcosa al carisma di un film per altri versi interessante ed encomiabile, negli intenti. Osservato, raccontato, temuto, ricercato, il Licantropo resta sullo sfondo di problemi molto attuali e comuni, come quelli matrimoniali e soprattutto il rapporto padre-figlio (non sfruttato quanto avrebbe potuto essere) che fa da vera spina dorsale al film.

Che segue una traccia abbastanza prevedibile, a fronte di scelte visive molto particolari (come ad esempio la resa della visione notturna), anche convincenti, capaci di svincolarsi dall’immaginario classico e di non sfigurare nell’inevitabile confronto – che tutti gli appassionati non possono non fare, ogni volta –  con il Lupo Mannaro americano a Londra di Landis. Ma se sono apprezzabili e comprensibili le scelte di evitare l’iconico e ammiccare allo splatter (o al Body Horror tanto di moda e capace di rovesciare le sorti di film non indimenticabili), alcune scene sfuggono a fatica al ridicolo o al dubbio di aver scelto gli interpreti giusti o non aver cercato di contenerne gli eccessi, soprattutto espressivi e drammatici, soprattutto nelle due protagoniste femminili, spesso incoerenti o poco naturali.

Il progetto, comunque, continuerà, anche se senza Whannell, e su questa strada. Quella giusta, probabilmente, al netto di perplessità e incoerenze e – si spera – con qualche necessaria messa a punto. Per sfruttare al meglio i punti di forza (sarebbe stato interessante sviluppare maggiormente anche il tema di una Natura crudele e dominante, per dirne uno) e quella modernità che tanto mancava.

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Per gli inevitabili paragoni, date uno sguardo all’ultimo tentativo della Universal di riprendere il personaggio che fu, nel Wolfman con Benicio del Toro, Anthony Hopkins, Emily Blunt, Hugo Weaving e Geraldine Chaplin, ma per aggiungere qualcosa alla collezione – e far godere il cinefilo in voi – recuperate lo special Licantropus (Werewolf by Night) su Disney+ con un inusuale Gael Garcia Bernal e L’uomo lupo originale, il cult del 1941 dal quale tutto nasce.

Wolf Man

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
wolf-man-la-recensione-dellhorror-che-rinnova-il-cultWolf Man, Usa, 2025. Regia e sceneggiatura Leigh Whannell. Interpreti Christopher Abbott, Julia Garner, Sam Jaeger, Matilda Firth, Benedict Hardie, Ben Prendergast, Zac Chandler. Distribuzione Universal Pictures. Durata 1h e 43’. Uscita: 16 gennaio 2025