“Atomica bionda”, esplosiva Charlize Theron: la recensione

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Usa, 2017 Regia David Leitch Interpreti Charlize Theron, James McAvoy, Sofia Boutella, John Goodman, Toby Jones, Eddie Marsan, Daniel Bernhardt, James Faulkner, Jóhannes Haukur Jóhannesson, Roland Møller Distribuzione Universal Pictures Durata 1h e 55′

 

Al cinema dal 10 agosto 201

IL FATTO – Berlino, 1989. “Mi avete mandato dentro un nido di vespe” sibila l’agente britannico Lorraine Broughton ai suoi superiori dell’MI6. In effetti, inviata per recuperare una lista di informatori sotto copertura sottratta a un agente assassinato, si trova in mezzo a un flipper mortale tra spie della Germania Est che vogliono fuggire all’Ovest, altre occidentali che fanno doppi e tripli giochi, sicari sovietici, agenti francesi che non si capisce bene da che parte stanno. Il tutto mentre la popolazione è in fermento, le autorità traballano e il Muro da lì a breve crollerà.

L’OPINIONE – Avrebbe dovuto chiamarsi The Coldest City, dalla graphic novel di Antony Johnston e Sam Hart che l’ha ispirata, invece hanno preferito (i produttori, si capisce) ribattezzare il progetto Atomic Blonde, tanto per chiarire come le fiches siano tutte puntate sulla formula “star in the pulp”. Ma David Leitch, se pure è come regista alle prime armi, ha idee chiare e qualche prurito intellettual-artistico da grattarsi. L’uomo nasce come praticante di arti marziali e fa carriera nel cinema come stuntman (The Bourne Legacy, Hansel & Gretel cacciatori di streghe) ma si fa notare anche per un particolare gusto della coreografia action.

E’ così ambizioso da mollare la saga John Wick (di cui ha codiretto il primo capitolo) per questo rutilante e un po’ più raffinato action nostalgico e tra un po’ si tufferà nell’atteso Deadpool 2. Ci dilunghiamo su di lui perché i fan della fanta-action è giusto che si segnino il nome sul taccuino. Infatti la parte più bella di Atomica bionda, anzi coinvolgente (davvero!) è quella dell’azione più spericolata: combattimenti particolarmente cruenti che segnano i corpi dei personaggi (un po’ più oltre la scia dei modelli hongkonghiani), inseguimenti automobilistici con tagli di inquadrature ardite, con un gusto molto sottolineato della citazione cinefila (una scena è ambientata in una sala cinematografica dove proiettano il leggendario Stalker, di Tarkovsky, che peraltro è del 1979) il tutto a tinte tristi, e scenografie depresse (riprese anticate tra Budapest e Berlino). Insomma si impregna il pulp nell’arty e non è un caso che dal televisore un giornalista lanci il dibattito estetico: “Il campionamento è arte o solo plagio?”.

La trama la definiremmo, con una certa generosità, quantomeno pretestuosa, un concentrato degli stereotipi del genere, con identità misteriose da svelare, tradimenti al quadrato, sigarette, alcool e anime perse e scontente di sé, dove sparare e menarsi presume un atteggiamento sportivo e professionale, humour compreso (“i russi pesano un casino”). Peraltro ci sono attori che si appropriano di ogni carattere e lo trasfigurano, vedi Charlize Theron (anche produttrice), glaciale, letale, malinconica, cinica e che vale da sola il costo del biglietto, mentre James McAvoy deve faticare di più, col suo fisico da peso welter, e infatti istrioneggia (anzi, a volte gigioneggia) con il permesso dell’eccesso. La Boutella è affascinante e dark quasi come nella Mummia e il resto del cast (Goodman, Jones, Marsan) è da cinema di altissimo livello, da Le Carrè quantomeno ricordato.

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