BARÇA DREAM

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Regia Jordi Llompart Interpreti Éric Abidal, José Ramón Alexanko, José María Bakero Produzione Entropy Studio, Gen Image Distribuzione QMI/Stardust

In sala dal 

31 marzo

Il FC Barcelona è più di un club di calcio, molto di più. Come sostiene a ragione l’entusiasta autore di questo documentario, infarcito di testimonianze e spiegazioni. Fondato nel 1899 dallo svizzero Hans Gamper, cresciuto fortemente intriso di ideali democratici, il Barça fu il simbolo della Catalogna indipendentista e per questo da subito odiato da Franco e i monarchici. Per decenni malsopportato e malversato dal potere falangista e madrileno (vedi lo sporco affare del mancato trasferimento di Alfredo Di Stefano), il club cominciò a rifulgere nei ’50, con Kubala, che è con Cruyff, Ronaldinho e Messi la colonna vertebrale del tifo e persino della filosofia della squadra. Da Luisito Suarez e i primi successi, sino all’apoteosi della deificazione mondiale di questi recenti anni, con Guardiola, Xavi, Iniesta e naturalmente “La pulce” sugli altari, un documentario trionfale e trionfalistico.

L’autore è un documentarista hispano-americano che è riuscito a far circolare le sue opere per festival e sale (Nomads of the Human Condition, Asha, Daughter of Ganges e Water Stories ). In questo caso non avrà sicuramente ostacoli di alcun tipo distributivo, vista la popolarità del club e l’enfatizzazione dei suoi idoli e persino dei suoi arci nemici (ovvero il simbolo del potere, il Real Madrid e “l’astuto provocatore” José Mourinho). Per il resto, largo alle glorie (tanto Cruyff, tanto Guardiola e tanto Messi, of course), tocchi di virtuosismi di regia e di montaggio quando si trattano gli argentini (ovvero le immagini di due ballerini in un focoso tango di Gardel per Di Stefano, l’ingestibile Maradona, Messi), silenzio sui fuoriclasse che non sono diventati bandiera (Figo è solo accennato come fulcro di uno dei tanti motivi di rancore tra barcelonistas e madridisti, Ronaldo non compare neppure di sfuggita) e un prudente tacere sulle sconfitte, quando queste non servono ad aumentare l’eventuale apoteosi della rivincita. E l’interessante taglio storico-sociologico dell’inizio del racconto (con il calcio che incrocia la Storia e la città), si stempera verso la fine in un depliant pubblicitario-santino delle magnifiche sorti di una società diventata un modello di organizzazione (vedi l’attenzione a La Masia, ovvero l’accademia giovanile dove si fabbricano i futuri calciatori del Barça) e filosofia sportiva, che tutto il mondo adora e invidia.

Massimo Lastrucci