BLACK SEA

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id., Gran Bretagna/Russia/Usa, 2014 Regia Kevin MacDonald Interpreti Jude Law, Scoot McNairy, Tobias Menzies, Grigoriy Dobrygin Sceneggiatura Dennis Kelly Produzione Cherles Steel, Kevin MacDonald Distribuzione Notorius Durata 1h e 55′

In sala dal 

16 aprile

Il capitano di sommergibili Robinson, con alle spalle un divorzio dovuto a ragioni economiche e un figlio adolescente con il quale non ha alcun rapporto, viene improvvisamente licenziato dalla società di recupero relitti per cui lavorava da dieci anni. L’uomo decide allora di riscattarsi con un’impresa straordinaria: ritrovare l’immenso carico d’oro contenuto in un sommergibile tedesco che giace sul fondo del Mar Nero dal 1941, diretto dall’Unione Sovietica di Stalin alla Germania di Hitler. Una volta raggiunto il tesoro sommerso l’avidità dei membri dell’equipaggio prenderà il sopravvento in un inesorabile gioco al massacro.

Diretto dall’eclettico Kevin MacDonald (L’ultimo re di Scozia, State of Play, The Eaglie, Marley) e sceneggiato da Dennis Kelly, autore della serie tv Utopia, Black Sea coniuga le caratteristiche del film di guerra con quelle del dramma da camera, mescolando azione e parole, il dire e il fare, tra conflitti che diventano sempre più esplosivi. Per giunta, avendo a che fare con un tesoro nascosto, si aggiungono anche le convenzioni del genere d’avventura, quasi che Robinson (e forse il cognome non è casuale) e la sua improbabile e disperata ciurma fossero dei pirati armati di una mappa segreta in cerca del bottino, muovendosi di nascosto sotto la flotta russa. Ed è impossibile non pensare anche alla caccia all’oro de Il tesoro della Sierra Madre di John Huston. Teso e claustrofobico, il film racconta una discesa agli inferi in ricerca di riscatto, che avverrà per interposta persona, il bisogno di lasciarsi alle spalle sfruttamento e povertà e di sperare in un futuro diverso. Apologo sull’avidità umana destinata a sfociare in tragedia, Black Sea non si sottrae però a bizzarri stereotipi (ad esempio quello di dipingere i russi, brutali e animaleschi, come si faceva nei film degli anni Sessanta) e nonostante la drammaticità degli eventi non riesce del tutto a trasformare il sommergibile in un microcosmo che sintetizzi con forza contraddizioni e follie umane. Eppure non si può fare a meno di tenere il fiato sospeso per sapere come andrà a finire.

Alessandra De Luca