Causeway, la recensione del film con Jennifer Lawrence

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Lynsey è una giovane reduce dell’esercito americano. Dopo essere stata ferita gravemente in Afghanistan deve recuperare fisicamente e psicologicamente dal trauma subito. Una volta finito il periodo di riabilitazione è costretta a tornare a casa dalla madre e nel quartiere della periferia di New Orleans dove è nata e cresciuta. Il suo desiderio è quello di tornare in servizio il prima possibile e lasciare un luogo da cui era già fuggita una volta. L’amicizia con James, anche lui segnato da una tragedia personale, la aiuta a capire cosa vuole realmente da questa seconda possibilità che la vita le sta offrendo.

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Una situazione che ha probabilmente sentito molto sua Jennifer Lawrence, che con Causeway esordisce come produttrice con la sua Excellent Cadaver “un termine della mafia siciliana quando ha per obiettivo un personaggio particolarmente celebre. Mi sembrava fosse un nome perfetto» come ha detto l’attrice nel corso di una masterclass al BFI London Film Festival. Come la sua Lynsey, l’attrice premio Oscar per Silver Lining Playbook ha deciso di tornare a una dimensione cinematografica diversa, più indie e meno votata allo star system.

Eccola quindi mettersi in gioco in un ruolo dolente e tormentato, con sullo sfondo una delle città più ferite nell’America negli ultimi anni. Una storia che sembra uscita dal cinema post-Vietnam degli anni Settanta, quando si racconta di anime segnate indelebilmente dagli orrori della guerra e quasi impossibilitate a reintegrarsi nella società.

I tempi sono cambiati, e anche il paese, che ha visto in questo scorcio di nuovo secolo la più devastante crisi economica dai tempi della Grande Depressione e un presidente assai discusso alla Casa Bianca per quattro anni. A pagarne le conseguenze, come sempre accade, sono stati gli indifesi, ovvero la maggior parte, che non ha molta scelta quando si tratta di cercare una vita migliore.

Questo racconta Causeway, insieme all’importanza di trovare la giusta famiglia con cui affrontare una quotidianità che può essere tanto vuota quanto insostenibile, e lo fa con l’asciuttezza del cinema indipendente, ma senza esagerare, proprio come piace alla Hollywood di successo.

Causeway non a caso segna l’esordio dietro la macchina da presa di Lila Neugebauer, regista teatrale acclamata dalla critica e dai salotti intellettuali newyorkesi che svolge il suo compito con diligenza. Il resto è in mano a Jennifer Lawrence, che cerca di dare un’anima a questa ragazza a cui la vita ha tolto anche quel poco che era riuscita a costruirsi.

Tutte i tasselli sono a posto in un film all’insegna delle prime volte portato avanti con la sicurezza di non sbagliare. E se da una parte questo è un pregio, dall’altro manca quell’incoscienza necessaria ad accendere la scintilla. Ma talvolta è importante semplicemente raccontare una storia in cui ci si può identificare anche senza essere andati in Afghanistan. I conflitti più dolorosi sono spesso terribilmente vicini.

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO:
causeway-la-recensione-del-film-con-jennifer-lawrenceLynsey è una giovane reduce dell’esercito americano. Dopo essere stata ferita gravemente in Afghanistan deve recuperare fisicamente e psicologicamente dal trauma subito. Una volta finito il periodo di riabilitazione è costretta a tornare a casa dalla madre e nel quartiere della periferia di New...