Corpo e anima, l’ “anti-Love Story” di una coppia agli antipodi: la recensione

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Ungheria, 2017 Regia Ildikó Enyedi Interpreti Géza Morcsányi, Alexandra Borbély, Zoltán Schneider, Ervin Nagy, Tamás Jordán, Zsuzsa Járó Distribuzione Movie Inspired Durata 1h e 56′

 

Al cinema dal 4 gennaio 2018

LA STORIA – Nel mattatoio in cui è direttore Endre, uomo che convive peraltro agevolmente con l’handicap di un braccio paralizzato e che mostra sottile sensibilità nei confronti di persone e animali (il che, dato il contesto, non è facile), arriva un giorno Maria, sostituta responsabile del controllo qualità. Non è simpatica, non è empatica, è solo precisa, con una memoria prodigiosa e scostante al limite della patologia. I due non sembrano destinati ad alcun tipo di rapporto, eppure qualcosa di straordinario li unisce, qualcosa di veramente unico. Come scopre una psicologa in una serie di colloqui (le condizioni ambientali obbligano i lavoratori a controlli medici di routine), i due vivono lo stesso incredibile sogno, nelle stesse modalità. Pensano di essere due cervi in un bosco invernale. Come è possibile?

L’OPINIONE – Non è certamente prolifica la cineasta (classe 1955), Ildiko Enyedi, un pugno di film (12, documentari e corti compresi) in 38 anni di carriera, tutti però fortemente personali e con almeno un titolo indiscutibilmente straordinario, Il mio XX secolo (1989), Camera d’or a Cannes per la miglior opera d’esordio. Corpo e anima racconta una storia d’amore in un linguaggio il più possibile anti-romantico, in un ambiente decisamente ostile alla tenerezza e al sentimentalismo, tra due caratteri agli antipodi. Momenti drammatici (anche forti) si alternano ad altri da commedia surreale. La regista lavora più sulle atmosfere depotenziate che non sulla compattezza della narrazione, con uno sguardo ora realista sino allo scabroso, ora delicatamente minimalista e poetico. Dopo momenti anche cruenti (non tanti, ma piuttosto forti) inserisce nel racconto magari digressioni impreviste, annotazioni gratuitamente eccentriche ed umoristiche.

Così con un’idea che non sarebbe certo spiaciuta a Kieslowski, ecco un anti-Love Story che trae emozione e pathos dalla singolarità più che dalle convenzioni del genere rosa. Del resto lo stesso si potrebbe dire dell’attrice protagonista, Alexandra Borbély, eccellente nello svelare a poco a poco la complessità di una personalità a primo acchito al limite dell’autismo, con lo sguardo sbarrato, la battuta gelidamente cattiva e una evidente sdegnosa difficoltà ad accettare ogni contatto umano. Altrettanto convincente è il suo collega, Géza Morcsany, stralunato e quietamente ironico direttore di fabbrica, di professione editore e qui alla sua prima sorprendente interpretazione. Proposto lo scorso anno al Festival di Berlino, il film ha entusiasmato sino ad assicurarsi il primo premio, l’Orso d’Oro.

Massimo Lastrucci

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