EDDIE THE EAGLE – IL CORAGGIO DELLA FOLLIA

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Cocciuto e sognatore: sin da bambino, con tanto di occhialoni e sostegno alla gamba debole, Eddie Edwards desidera solo gareggiare alle Olimpiadi. Ci prova con tutti gli sport, finché ha l’illuminazione, sarà il primo inglese a partecipare alla gara di salto con gli sci. Si trasferisce a Garmisch (Germania) e comincia da neofita a cimentarsi dal trampolino più basso, con esiti ovviamente disastrosi e comici sino all’imbarazzo. Finché un ex campione americano, un beone dalla vita fallimentare, si prende cura di lui: “Voglio diventare un saltatore olimpico!” “Hai più probabilità di diventare una ballerina”. Eppure, osteggiato dalla federazione inglese, riuscirà nella più incredibile delle imprese, ovvero andare a Calgary (Canada, giochi invernali del 1988) e saltare dai 90 metri, diventando per tutti “Eddie l’aquila”.

Storia vera trasfigurata in favola comedy (il che non dispiace affatto), Eddie the Eagle è la piacevole sorpresa di fine stagione. Il nostro eroe è buffo, impacciato (con le donne e con l’agonismo), ma ha una volontà capace di vincere ogni handicap. “Hai qualche consiglio?” chiede a Hugh Jackman (rilassato e simpatico come sempre) non ancora suo trainer. “Non morire” è la risposta, almeno sino a quando, sotto assedio, non decide di insegnargli almeno “ad atterrare”. Siamo alla morale coubertiniana sublimata sino al commovente, con tante anime pie di contorno più qualche fetente ad avversare (i membri del comitato olimpico inglese più qualche collega compatriota). Il salto dal trampolino è una disciplina di ineguagliabile bellezza e pericolosità. Per il produttore Matthew Vaughn “chiunque ha inventato il salto con gli sci è un folle. Non vi è alcuna logica ragione per praticarlo” e Jackman si è spaventato moltissimo solo a provare una scena di un balzo dal trampolino. Eppure la terza regia di Dexter Fletcher (per ora è più noto come attore, però qui mostra di saper raccontare e condire una storia proprio a puntino) riesce a trasmettere tutto il fascino e la poesia di un tuffo lungo cento metri (Eddie arriva a 71, ma non è questo il punto). E se alla fine non siete inteneriti dall’interpretazione empatica di Taron Egerton (Kingsman: Secret Service), dalla sua mascella leggermente storta e dallo sguardo ingenuo dietro le lenti da presbite, beh – che vi posso dire? – allora avete proprio un cuore di pietra.