FREEHELD – AMORE GIUSTIZIA LIBERT
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Freeheld Usa, 2015 Regia Peter Sollett Interpreti Julianne Moore, Ellen Page, Michael Shannon, Steve Carell Distribuzione Videa Durata 1h e 43’ 

In sala dal 

5 novembre

New Jersey. La detective Laurel Hester è una brava poliziotta ma è anche una lesbica all’insaputa dei colleghi. Si innamora della molto più giovane Stacie Andree e le due decidono di andare a convivere insieme, formando con tanto di documento una coppia di fatto. Quando alla prima viene diagnosticato un cancro a livello avanzato, rimane loro da combattere la più dura delle battaglie, per il principio e non per i soldi: convincere quelli che hanno il potere, cioè i 5 rappresentanti della Contea di Ocean (i Freeholders), a garantire che la pensione della prima vada, alla sua scomparsa, alla seconda. Cosa al momento non solo legalmente impossibile, ma anche inconcepibile.

Da una storia vera, diventata un documentario breve nel 2007 premiato dall’Oscar (regia di Cynthia Wade e Vanessa Roth), una love story progressista tutta pathos – anzi: una vera torci ghiandole lacrimali – e vibrante impegno, premiata a San Sebastian e presentata al festival di Roma. Attori di vaglia (Moore, Page, Michael Shannon nei panni dell’ignaro e poi più che solidale pard, Steve Carell in quelli di un buffonesco ma efficacemente arguto rappresentante dei diritti dei gay) al servizio di un regista serissimo e motivato indagatore dei moti del cuore, Peter Sollett (Long Way Home, Nick e Nora). Il messaggio oltretutto cade in Italia come il cacio sui maccheroni, attuale come pochi e condivisibile, un po’ meno forse lo è nel suo entusiasta uso dei modi della narrazione, francamente un po’ troppo ricattatori e retorici, talmente esplicito nelle furberie del genere mèlo da far sospettare una certa manipolazione. I personaggi sono tutte pedine al servizio di una scacchiera dalle mosse ben studiate, buoni o perfidi, e la vittoria del bianco sul nero, pur a tragico prezzo, è netta quanto accompagnata dal tifo dei realizzatori. Piuttosto la bravura del regista (in quanto agli attori non c’è proprio niente da eccepire, sono ottimi e la Moore si presta a un lavoro di doloroso abbruttimento di sé che non lascia indifferenti) è da sottolineare quando si fa più leggera, meno ancorata all’impegno civile, e scorre accarezzando sul rapporto sentimentale tra le due, fatto di oggetti, cani, piante, incomprensioni e autodifese. Tutto molto naturale, umano, come ci auguriamo che sia per tutti. Alla fine scorrono le immagini delle vere protagoniste e quasi non ci stupisce vederle somigliantissime agli attori. Un altro giochino che la fiction fa alla mente.

Massimo Lastrucci