Usa, 2017 Regia Jordan Peele Interpreti Daniel Kaluuya, Allison Williams, Catherine Keener, Bradley Whitford, Caleb Landry Jones, Betty Gabriel, Marcus Henderson, Stephen Root, Lil Rel Howery Distribuzione Universal Pictures Durata 1h e 44’
Al cinema dal 18 maggio 2017
IL FATTO – “Sanno che sono nero?” “No, dovrebbero?”. Così, con qualche patema, il fotografo rampante Chris Washington si appresta a incontrare la famiglia della fresca fidanzata (sono insieme da appena 4 mesi), la anglosassone Rose Armitage. Poco dopo arrivato, comincia ad accorgersi che qualcosa non quadra, la servitù afro-americana (“è un cliché”) è strana, quasi intorpidita, la famiglia cordiale ma elusiva, con la madre psichiatra che lo vuole ipnotizzare perché perda il vizio del fumo, senza contare che di lì a poco ci sarà la riunione-festa per la ricorrenza del nonno di Rose defunto, che si annuncia piuttosto stressante. Tanti ospiti, quasi tutti bianchi, tutti troppo cortesi e allegri. Che c’è sotto?
L’OPINIONE – Il lato horror di Indovina chi viene a cena?: si potrebbe anche chiosare così, perché in effetti il debutto dietro la macchina da presa dell’attore (tv) e sceneggiatore Jordan Peele (ovviamente black) coniuga la messa in scena degli atteggiamenti razzisti che si annidano anche dietro le migliori intenzioni (e non è questo il caso), con la suspence dello psycho-thriller psicologico dalle più nobili origini, persino britanniche (io ho pensato, per il clima di complotto che avvolge come una tela di ragno il malcapitato protagonista, a The Wicker Man, 1973 di Robin Hardy), nelle sue atmosfere perverse e senza ausilio di effettacci al computer.
Il londinese Daniel Kaluuya vanta già un discreto curriculum (40 titoli tra cui Johnny English e Sicario), ma possiede ancora la freschezza e l’aria lievemente sprovveduta dell’emergente, così come del resto – ed è più comprensibile – l’aria moderna ma acqua e sapone di Allison Williams (un po’ di tv, però sullo schermo solo sinora con College Musical). Il più bell’horror della stagione? Anche se suona provocatorio, con tutti i suoi limiti (lo schematismo, la prudenza della mano, un budget “modesto” di 5 milioni di dollari da film indipendente che non consente virtuosismi e ambizioni, la caratterizzazione troppo comedy dell’amico di Chris) azzarderemmo di sì, almeno al confronto con la monotona prevedibilità dei suoi mostruosi compagni di genere, almeno quelli di questa stagione.