LE MANI SULLA CITTÀ PER LA PRIMA VOLTA IN DVD

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Il 19 novembre esce in Dvd, per la Mustang Entartainment, Le Mani Sulla Città, capolavoro di Francesco Rosi e per alcuni versi film “assoluto” del cinema italiano. Assoluto perché, a distanza di 51 anni, le mani sono ancora sulla città, la carica rivoluzionaria è ancora potente e inesauribile, anzi sembra crescere e gonfiarsi sempre più. Nelle parole di Saviano, «vedi determinate sequenze e pensi che tutto questo stia accadendo ora, in ogni parte del nostro paese ». E forse oggi l’etichetta affibbiata negli anni di “film inchiesta” risulta pesante e calligrafica, mentre il senso di quest’opera colossale diventa necessario, così come l’intento fotografico di Rosi per il suo cinema civile si trasformava e si trasforma ancora in una guida sulla Morale, in un disvelamento (per parole dello stesso Saviano) del Meccanismo: del potere, del dolore, delle dinamiche fisiche e morali del dominio dell’uomo sull’uomo.

DVD_le_mani_sulla_cittaLa potenza di Le Mani Sulla Città è quella di Rosi: il suo costruire un cinema spettacolarizzato eppure reale, all’apparenza “bigger than life” eppure ancorato alla cronaca più stringente, grazie ad una tecnica che usa il giornalismo (quello vero) per spogliare la sua narrativa da ogni dimensione psicologica, ed eliminare dal racconto ogni intento individuale o sentimentale. La storia (a Napoli, che viene nominata solo una volta, verso il 300 minuto, un cantiere provoca il crollo di un palazzo limitrofo: il cantiere appartiene a tale Nottola, speculatore edilizio appoggiato dalla politica locale, e viene aperta una commissione d’inchiesta che ovviamente non farà emergere nulla. Ma nel frattempo Nottola inizia ad andare stretto all’amministrazione, e il suo sogno da assessore alle prossime elezioni rimarrà tale) diventa allora Storia, lo sguardo compassionevole ma impietoso: e sarebbe troppo facile definire il film profetico, essendo qualcosa di più, e qualcosa di diverso. È un’opera che affonda alle radici del cancro, che si innesta nella ruggine che ha corroso le fondamenta della società, dell’economia, della cultura, innervandosi in tutte le sue metastasi e gettando una luce sinistra su tutto ciò che lo circonda. Un cinema talmente potente e solenne da gettare la sua ombra fino al cinema contemporaneo, così povero di strutture ma spesso ricco d’immagini che inevitabilmente ne seguono la scia. Come la voga da fermo di Nanni Moretti, nella Seconda Volta di Calopresti, poi disperso in mille rivoli pop; o come il rancore rancido della Guzzanti, nella Trattativa e in Draquila molto vicina al mood rosiano ma forse troppo vicina per prenderne le distanze ed avere forza a sé. Ma forse l’immagine più sinistra e allo stesso tempo più felice di quanto ancora un film come Le mani sulla città sia necessario, rimane quella (involontariamente maestosa) che filma Tornatore nel suo Baaria: il politico cieco che, di fronte a un plastico di un complesso edilizio, mette letteralmente le mani sulla città. E ride.

Gian Lorenzo Franzì