I DUE VOLTI DI GENNAIO

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The Two Faces of January GB, Francia, Usa, 2014 Regia Hossein Amini Interpreti Viggo Mortensen, Kirsten Dunst, Oscar Isaac Sceneggiatura Hossein Amini Produzione Tim Bevan, Eric Fellner, Robyn Slovo, Tom Sternberg Distribuzione Videa Durata 1h e 36′ www.videa-cde.it/cinema/film/i-due-volti-di-gennaio

In sala dal

9 ottobre

Il triangolo no. Grecia, anni ’60. Il giovane americano Rydal (Isaac), in fuga esistenziale dalla famiglia sbarca il lunario facendo il cicerone ad Atene, seducendo ricche compatriote e magari con qualche poco corretta piccola operazione truffaldina. Si imbatte nella distinta e stravagante coppia formata dal maturo Chester (Mortensen) che dice di essere un affarista e la giovane moglie Colette (Dunst), al cui fascino non è insensibile. Senonché, per caso, l’inquieta guida turistica finisce coinvolta tangenzialmente nell’omicidio di un detective da parte di Chester e accetta di portare la coppia in salvo con passaporto fasullo verso Creta e poi chissà. Nella fuga verso l’isola, l’elegante criminale (ha truffato tanti clienti tra cui anche certi tipi potenti e permalosi) si rivelerà un Otello con tendenza a un eccessivo consumo di alcool e l’intreccio delle varie personalità esploderà in una violenta rivalità.

Da un vecchio libro della grande Patricia Highsmith (suo, rammentiamolo è il geniale Delitto per delitto di Hitchcock), un thriller che nasce vecchio, non tanto per l’ambientazione efficacemente turistica, quanto per la difficoltà del regista e sceneggiatore (quindi tutta responsabilità sua) Hossein Aminin (già eclettico autore dei copioni di Drive e 47 Ronin) a ergersi al di sopra del livello della mera illustrazione più o meno di taglio psicologico. Se avete presente la per certi versi analoga operazione fatta con il capolavoro della Highsmith Il talento di Mr Ripley (1999) di Minghella, avrete una idea più precisa: ovvero eleganza di stile, troppa compassatezza e compostezza di toni. E il trio degli interpreti non aggiunge nulla di particolare a un collaudato professionismo di routine.

Massimo Lastrucci