Il colore, prima di tutto. Perché il colore, in un film, è importante. Esistono siti specializzati
che analizzano la natura delle scelte di luce in una pellicola. La scala cromatica che ne viene dedotta è definita «la palette dei colori», come quella dei pittori impressionisti. E la
scelta di Saverio Costanzo e del suo direttore della fotografia Fabio Cianchetti regala alla trasposizione cinematografica de L’amica geniale un’atmosfera magica.
Siamo dopo la guerra, nell’Italia che sta rialzando la testa, malconcia e smarrita. È un Paese piccolo e incerto che si risveglia da un incubo e cerca una strada per ricominciare a vivere. Un Paese tutto nero che ora è in bianco e nero e cerca, con tenace ottimismo, il colore. Così i toni delle immagini delle prime puntate della serie televisiva HBO-RAI Fiction e TIMvision, prodotta da Wildside e Fandango (in coproduzione con Umedia) e già venduta in tutto il mondo, sono perfetti per descrivere questo tempo sospeso, con un colore che non riesce a emergere, o un bianco e nero che non vuole morire.
La bellezza di questo prodotto è già qui, nel magico realismo di una scelta cromatica. E poi nell’altra scelta fondamentale. La storia delle due bambine protagoniste si svolge in un rione di Napoli. Un luogo che ha dei confini definiti, nei quali deve svolgersi la vita dei personaggi e nei quali lo spettatore deve muoversi naturalmente, come avesse un navigatore sentimentale. Spazi che devono essere psicologicamente, insieme, chiusi come sono i luoghi dai quali è difficile uscire e aperti come quelli che lasciano immaginare un oltre. Il cinema contemporaneo, specie in Italia, è costretto ormai, per ragioni di budget, a girare in luoghi esistenti. Ma ciò che viene scelto costringe la fantasia dell’autore dentro spazi reali. Si cerca la “minore distanza” tra l’immaginazione e la realtà. Ma il cinema è nato, non per caso, in teatri di posa. E lì è cresciuto inventando spazi
virtuali che erano realtà che nasceva come parto della fantasia. Tutto Fellini è così. Molto Hitchcock e molto Kubrick.
Solo se gli spazi sono inventati il racconto cinematografico diventa reale. Qui produzione e regia hanno fatto questa scelta coraggiosa. E il risultato è bellissimo. Tre fantasie: l’autrice, il regista, lo scenografo hanno partorito e fondato una città ideale. Ideale per il racconto. Una città a tempo, come una vita. Infine, tra le virtù de L’amica geniale c’è l’interpretazione di due bambine che raccontano magistralmente un dolore antico e uno straniamento figlio della curiosità di vivere. Saverio Costanzo tiene il racconto su un registro emotivo delicato e prezioso. Nulla è manicheo, nessuno è solo come appare. Tutto sollecita dubbio. Di questi tempi, queste sono pietre preziose.
Walter Veltroni