“IL RAGNO ROSSO”: LA RECENSIONE DEL FILM SUL VERO SERIAL KILLER DELLA POLONIA ANNI ’60

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Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, 2015 Regia Marcin Koszalka Interpreti Filip Plawiak, Adam Woronowicz, Malgorzata Foremniak, Julia Kijowska, Marek Kalita, Wojciech Zielinski Distribuzione Lab 80 Durata 1h e 35’

Al cinema dal 19 gennaio 2017

Polonia, anni ’60. Il giovane Karol (che evidentemente non è Wojtyla) è un promettente tuffatore (“Il migliore di Cracovia. Non oltre”) anche se il padre radiologo lo vorrebbe vedere dottore. Di ritorno da un Luna Park si imbatte in un cadavere insanguinato. E’ l’ultima delle vittime del famigerato Ragno Rosso, un serial killer che sta terrorizzando al città (con 11 assassinii a suo carico). Ossessionato dal fatto, Karol comincia a investigare per suo conto, scoprendo l’identità del criminale. Senonché, invece di denunciarlo, lo frequenta, iniziando uno strano ed enigmatico gioco.

Marcin Koszalka viene dal documentario (anche se ha già all’attivo regie di fiction, ma questo è il suo primo lungometraggio) e si vede. Con un occhio super-raffinato – da direttore della fotografia – ricostruisce lo stato morale di una nazione prostrata e rinchiusa su se stessa, tra scenografie squallide, notevoli giochi di luce e una tinta pastellata dei colori che togliendo vivacità improprie “rende l’atmosfera”. La vicenda è un finto thriller (nel senso che è un pretesto) per uno di quei viluppi amaro-metafisici che richiama in qualche modo (qui) il cinema angosciato di Kieslowki (e sì, il pensiero vi corre spontaneo) e anche il teatro polveroso e lancinante di Kantor.

Perché, aldilà del materialismo totale di uno sguardo sempre concentrato sui fatti, sulle cose e sui gesti, rimane evidenziata soprattutto l’insondabilità dell’anima. Perché i personaggi agiscono così, quasi sonnambuli di un mondo senza prospettive (anche se il finale apre suggestioni acute su chi sia in effetti lo “sconfitto”)? Cinema d’autore, di cui si accettano le civetterie del non rivelato, Il Ragno Rosso (proposto tra l’altro alla scorsa edizione del Trieste Film Festival) è un ottimo esempio dell’identità di un cinema nazionale, in questo caso quello polacco, ben legato alle proprie radici poetiche e artistiche e il poco allegro Marcin Koszalka un cineasta da tenere assolutamente da conto.

Massimo Lastrucci

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