Io e Spotty, la recensione

La recensione del film con protagonisti Michela De Rossi e Filippo Scotti, vincitore del premio della giuria popolare al TFF68 e in sala dal 7 luglio con Adler Entertainment

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Filippo Scotti e Michela Rossi, Io e Spotty

«L’amore è quel delicato processo attraverso il quale ti accompagno all’incontro con te stesso». È una frase di Antoine de Saint-Exupéry a ispirare Cosimo Gomez per l’incipit della sua opera seconda, Io e Spottypresentata in anteprima in concorso al Taormina Film Fest 68 (dove si è aggiudicata il Premio della Giuria Popolare) e nelle sale dal 7 luglio con Adler Entertainment. Non a caso, è proprio intorno all’amore e all’incontro di due anime gemelle che si annoda il filo conduttore tra i due protagonisti della storia, Matteo e Eva, interpretati dagli interessantissimi Filippo Scotti (il Fabietto di È stata la mano di Dio) e Michela De Rossi (La terra dell’abbastanza, I molti santi del New Jersey).

Lui è un disegnatore di cartoon, un ragazzo schivo e introverso che, nel suo mondo solitario, ogni sera, per raggiungere una condizione di libertà, decide di indossare una maschera (una vera e propria tuta di pelo) e giocare ad essere un cane di nome Spotty. Lei è una giovane studentessa fuorisede, afflitta da attacchi di panico e sopraffatta da una vita che non riesce a controllare, in perenne ansia di deludere sua madre. Matteo e Eva sono due anime sofferenti alla ricerca di se stesse e che, per un semplice scherzo del destino, finiranno per creare una relazione capace di completarli a vicenda e salvarli dalle proprie insicurezze.

Dopo una carriera avviata come scenografo (e che lo ha portato a lavorare con grandi maestri come Ermanno Olmi, Giuliano Montaldo, Franco Zeffirelli e Roberto Benigni), Cosimo Gomez torna dietro la macchina da presa a distanza di cinque anni dall’esordio con il vivace Brutti e cattivi, scritto insieme a Luca Infascelli con protagonisti Claudio Santamaria, Marco d’Amore e Sara Serraiocco e candidato a sei David di Donatello. Con Io e Spotty (prodotto dalla Momparcem dei Manetti Bros., Pier Giorgio Bellocchio e Carlo Macchitella) Gomez cambia nettamente registro e genere, si allontana dai toni grotteschi e sfarzosi che avevano contraddistinto la sua opera prima (di cui lascia, però, personaggi fuori dagli schemi) e si avvicina piuttosto ad un realismo delicato di una romantic dramedy che ha come scopo primario quello di raccontare la fragilità, il disagio mentale e il concetto di amore terapeutico, partendo da una base scientifica e una patologia realmente esistente, quella del disturbo schizoide della personalità.

Il regista Cosimo Gomez durante le riprese del film (photo Nicole Manetti)

Un po’ come fatto dal recente Marylin ha gli occhi neri di Simone Godano, e tenendo sempre ben in mente i modelli indie americani da Lars e una ragazza tutta sua a Se mi lasci ti cancello, Gomez torna a focalizzarsi sugli outsiders, sui cosiddetti freaks, lavorando sulle sfumature per raccontare individui smarriti in un microcosmo di perenne malinconia e incertezza, perfettamente incarnato in Io e Spotty dall’universo periferico e urbano di Bologna (città tanto amata dai Manetti Bros…), fatto di tram, portici, ponti e palazzoni grigi. È un universo in cui si muovono particolarmente bene i due attori protagonisti, in special modo Michela De Rossi, alla quale è stata affidata più centralità. La sua Eva è una ragazza piena di difetti, incapace di adeguarsi alle regole del mondo adulto, ma è fortemente magnetica e vitale. Tutti aspetti che avvicinano lo spettatore al suo malessere, a differenza del Matteo di Scotti che rimane più lontano e inaccessibile, seppur ben interpretato.

L’esperienza internazionale dei due attori si percepisce e non è un caso se la frase “non sembra un film italiano” si addice bene a Io e Spotty, come fu per il film di Godano. Fondamentale, in tal senso, è trovare un linguaggio fresco e reale per raccontare temi fuori dal comune. E Io e Spotty ci riesce, anche se la trama sembra a tratti girare a vuoto e alcune scelte appaiono più forzate di altre. Ben vengano tentativi di questo tipo, se pur non esenti da difetti. 

RASSEGNA PANORAMICA
IO E SPOTTY
io-e-spotty-la-recensione«L’amore è quel delicato processo attraverso il quale ti accompagno all’incontro con te stesso». È una frase di Antoine de Saint-Exupéry a ispirare Cosimo Gomez per l'incipit della sua opera seconda, Io e Spotty, presentata in anteprima in concorso al Taormina Film Fest 68 (dove si è...