Io sono Tempesta, Marco Giallini ed Elio Germano per la prima volta insieme: la recensione

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Italia, 2018 Regia Daniele Luchetti Interpreti Marco Giallini, Elio Germano, Eleonora Danco, Jo Sung, Francesco Gheghi, Carlo Bigini, Marcello Fonte, Franco Boccuccia, Paola Da Grava, Federica Santoro, Luciano Curreli Distribuzione 01 Distribution Durata 1h e 37′

Al cinema dal 12 marzo 2018

LA STORIA – Finanziere d’assalto, cinico e iperattivo maneggione, Numa Tempesta sta coltivando il suo megasogno, costruire dal nulla una città nel Kazakistan. Senonché nel frattempo una vecchia condanna per evasione fiscale gli impone un anno di servizi sociali in un centro d’accoglienza. Inadeguato e snob, si presenta (“In cosa eccelle?” “Faccio soldi. Mi metta alla prova”), inizialmente non ingrana ma poi finisce col legarsi a un gruppo di barboni tra cui spicca Bruno, ex barista con figlioletto geniale a carico e senza fissa dimora. In realtà Numa a un certo punto utilizzerà addirittura quella pittoresca comunità per i suoi scopi non propriamente leciti.

La recensione di Io sono Tempesta

L’OPINIONE – Sarebbe stato un personaggio che avrebbe fatto la gioia del Sordi più cattivo e infingardo, quello tra i ’50 e i ’60, il Numa Tempesta interpretato da Marco Giallini, personaggio che mescola caratteri di plebeo arricchito (organizza cene invitando solo “patrimoni sotto i 50 milioni”), con una certa solitudine surreale da grande letteratura (vive in un super hotel tutto per lui, pieno di stanze, giocattoli antichi, letti e flipper, praticamente senza personale, quasi un parco giochi in interni che ha scatenato la fantasia della scenografa Paola Comencini).

“Purtroppo” la simpatia dell’attore è tale che si finisce col parteggiare un po’ troppo per lui, dichiarato persona non empatica (ma seducente) dalla responsabile del centro, la cattolicissima, impegnata e legalitaria ad oltranza Angela (Eleonora Danco, espressiva in un ruolo tutto sommato ingrato). Quando i maneggi di Numa la favoriranno sponsorizzando al ministero un provvedimento apposito (“una buona legge costa come una cattiva legge”), si ribellerà e lo denuncerà. Ecco, lì dovremmo stare eticamente tutti con lei, ma non ci si riesce, perché la favola sociale scritta da Daniele Luchetti, Sandro Petraglia e Giulia Calenda vorrebbe essere sì paradigmaticamente brechtiana (con la morale cinica e illuminante della assoluta contiguità e reversibilità antropologica di straricchi nel lusso e strapoveri nell’emergenza più disperata) ma si smaglia, proprio come succede in altri punti della narrazione (vedi ad esempio le escort, “radiose” studentesse di psicologia), indecisa tra il grottesco, la commedia dolce-amara e il racconto moralistico.

Fortunatamente alleggeriscono e rallegrano attori di popolare comunicativa; una spanna sopra tutti naturalmente si muove Elio Germano, ma citazione particolare anche al giovanissimo Francesco Gheghi, suo figlio Nicola, per una recitazione senza bamboleggiamenti o eccessivi birignao infantil-romaneschi, più una collettiva alla banda di autentici “abitanti” del Centro di Accoglienza. Infine due curiosità: non sfuggirà ai cinefili la “parodia” kubrikiana del ragazzo che gira con la macchinina tra le labirintiche corsie dell’hotel, mentre l’inospitale Kazakistan è stato “trovato” a Campo Imperatore nel cuore dell’Abruzzo.