Durante una vacanza al mare da sola, Leda, insegnante di letteratura comparata, rimane incuriosita e affascinata da una giovane madre e dalla sua figlioletta mentre le osserva sulla spiaggia. Turbata dal loro irresistibile rapporto, e dalla loro chiassosa e minacciosa famiglia allargata, Leda è sopraffatta dai suoi stessi ricordi personali, sentimenti di terrore, confusione e intensità provati nelle prime fasi della maternità. Un gesto impulsivo sconvolge Leda e la proietta nello strano e sinistro mondo della sua stessa mente, dove è costretta ad affrontare le scelte non convenzionali che ha compiuto quando era una giovane madre, e le loro conseguenze.

L’OPINIONE
Nel suo debutto alla regia di un lungometraggio Maggie Gyllenhaal, alla quale la carriera di attrice è sempre stata troppo stretta, affronta uno dei grandi tabù di sempre, quello della maternità imperfetta, “snaturata”, che riguarda donne lontane da quella visione, l’unica socialmente accettabile, legata all’accudimento, al sacrificio, all’annullamento di sé di fronte alla prole. Ci vuole coraggio per affrontare un tema così scivoloso e sgradevole, che reca con sé la possibilità di un altro racconto del femminile, contraddittorio, cacofonico e sovversivo, distante da rassicuranti stereotipi, alla ricerca di una nuova identità fuori da ogni convenzione e di una ridefinizione dei ruoli di genere. La grande umanità trasmessa da ogni espressione di Olivia Colman (ma anche di Jessie Buckley, che interpreta Leda da giovane), ci avvicina a un personaggio che, nonostante scelte “sbagliate”, non possiamo giudicare, anima dolente divisa in due e tormentata dal senso di colpa. Non tutto funziona nella messa in scena, che tra presente e passato flirta con il thriller, ma è spesso appesantita da eccessi didascalici. Il risultato però non lascia indifferenti.
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Altri film tratti da romanzi di Elena Ferrante, come L’amore molesto di Mario Martone e I giorni dell’abbandono di Roberto Faenza. Ma anche Quando la notte di Cristina Comencini.