LA NOTTE DEL GIUDIZIO: ELECTION YEAR

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Da tempo gli Stati Uniti hanno escogitato uno modo radicale per risolvere il problema della violenza e della criminalità diffusa. Una volta all’anno, per 12 ore (notturne) chiunque può fare qualunque cosa (omicidi compresi) con la certezza di rimanere impunito: è la cosiddetta “Purga”.  La politica Charlie Roan, una sopravvissuta alla mattanza in una delle precedenti edizioni, si è candidata alle imminenti elezioni con il programma di eliminare questo allucinante rituale, raccogliendo vasti consensi popolari. I cosiddetti Nuovi Fondatori d’America han deciso per questo di eliminarla, utilizzando proprio l’imminente sanguinosa notte in cui tutto è permesso.

Sventola orgogliosa la bandiera liberal, questo terzo capitolo della saga, come sempre scritta e firmata da James DeMonaco (Staten Island, 2009, completa il suo curriculum da regista). Con una certa spiccia brutalità, come del resto quella dei suoi personaggi, lo sceneggiatore-cineasta ribadisce il carattere classista di questo rituale: chi può – cioè i ricchi e i potenti – stanno protetti, i poveri, quando non sono essi stessi cacciatori, sono solo prede da sbranare in tutti i modi. Qui raduna chi prova a reagire – minoranze etniche, barboni, ordinary people – in una sorta di brigata metropolitana “rivoluzionaria”. La storia della senatrice progressista (la ottima Elizabeth Mitchell) protetta dalla sua guardia del corpo Leo Barnes (è Frank Grillo, reduce del precedente Anarchia – la notte del giudizio, 2014) si mescola con quella di un negoziante di colore e dei suoi amici decisi a difendersi dai deliri vendicativi di una banda di ragazzine assatanate. Nonostante lo schematismo della sceneggiatura e la elementarità delle emozioni tutte di superficie che suscita (i cattivi sono odiosi e si meritano le peggio cose, i buoni mostrano la determinazione dei migliori pistoleros del western o di generi affini), la svelta pellicola è mossa anche da una energia e da una concentrazione piuttosto rimarchevoli, tali da ricordare un po’ alla lontana – pensa un po’ – anche i film tesi e senza troppi fronzoli del primo John Carpenter. Il che rende La notte del giudizio: Election Year simpatico “a prescindere”.