La settima musa, l’horror spagnolo con poche novità

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Spagna, Irlanda, Francia, Belgio, 2017 Regia Jaume Balagueró Interpreti Franka Potente, Joanne Whalley, Ana Ularu, Elliot Cowan, Leonor Watling, Manuela Vellés, Christopher Lloyd, Sam Hardy, Stella McCusker, Yennis Cheung Distribuzione Adler Entertainment Durata 1h e 47′

Al cinema dal 22 agosto 2018

LA STORIA – A un anno dalla morte per suicidio della sua amante e studentessa, il professore di letteratura Samuel Solomon non si è ancora ripreso. Lontano dalla cattedra, trasandato, invano stimolato dall’amica e collega Susan Gilard, è continuamente perseguitato da un incubo in cui vede una donna morire a causa di un crudele rituale. Quando scopre che il fatto è accaduto davvero proprio come lui lo ha “sognato”, non può impedirsi di andare a curiosare nella cupa villa teatro dello scempio. Lì si imbatte in una ragazza, Rachel, come lui perseguitata dalla stessa visione (“L’hai sognata anche tu, vero? Ora vieni con me”). Insieme indagheranno, scoprendo così tanto l’esistenza di uno strano circolo letterario, quanto di una “setta” di maligne creature in grado di fare sortilegi e provocare morte, pazzia e dolore, le Muse (“Le Muse giocano con le parole, gli dia quello che vogliono!”).

L’OPINIONE – Alla base c’è un romanzo di Josè Carlos Somoza, La dama numero tredici, edito anche in Italia da Frassinelli nel 2006. Ovviamente, basta guardare il numero delle signore, la sceneggiatura ha re-imbastito la trama trattenendone il succo e spostandone la vicenda, per questioni produttive, dalla Spagna all’Irlanda e girandolo nella lingua di Shakespeare, nonostante la profusione di citazioni dantesche. Per il catalano Jaume Balaguerò, uno dei nomi di punta dello spigliato cinema horror iberico (la serie REC è una sua creatura) si tratta della sua terza volta: anche i suoi ottimi Darkness (2002) e Fragile (2005) erano in lingua inglese. Questa volta però dobbiamo sopire gli entusiasmi.

A una robusta costruzione di singole scene, non segue la tessitura del tutto, frantumando nel suo proseguire la suspence macabro-romantica della prima parte in una frettolosa collana di rivisitazioni di materiale già visto sino all’usura. Così, da thriller soprannaturale, La settima musa si trasforma in una battaglia (oltretutto piuttosto confusa) contro le malefiche (non tutte, non tutte…) sette signore dall’esito scontato, pretendendo per di più sin troppo complicità da parte dello spettatore più scafato.

Il cast è un curioso assemblaggio tra vecchie glorie, star troppo presto appassite e qualche giovane volto spagnolo o rumeno molto interessante. Quasi imbucati, fa comunque piacere rivedere, accanto al protagonista dalla faccia simpatica Elliot Cowan (era Lorenzo il Magnifico nella pittoresca e bizzarra serie Da Vinci’s Demons), tipi noti come Christopher Lloyd, Franka Potente, Leonor Waiting, più quella Joanne Whalley, ex signora Val Kilmer, che a metà degli anni ’80 era tra le emergenti e le più fascinose (Ballando con uno sconosciuto, Willow, Scandal).