Macchine Mortali, un fanta-action post apocalittico pensato per i teenager

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Macchine Mortali

Mortal Engines Regia Christian Rivers Interpreti Robert Sheehan, Hera Hilmar, Stephen Lang, Hugo Weaving, Ronan Raftery, Jihae, Leila George, Patrick Malahide Distribuzione Universal Pictures Durata 2h e 8′

In sala dal 13 dicembre

IL FATTO – «Sessanta minuti. Tanto bastò agli Antichi per condannare l’umanità all’estinzione». Nella terra desolata, immense metropoli ambulanti girano cercando sostentamento e combustibile per sopravvivere. Nella rapace Londra che fagocita le città minori, il losco e potente Thaddeus Valentine cova oscuri piani. Il giovane storico/archeologo Tom Natsworty lo venera, è amico della figlia e ovviamente li ignora. Aprirà gli occhi dopo che una misteriosa ragazza con la faccia deturpata da una cicatrice (si chiama Hester Shaw) cerca di accoltellare il dignitario.

L’OPINIONE – Sono solo i primi minuti di una nuova saga fantascientifica concepita tra USA e soprattutto Nuova Zelanda. Ovvero, alla corte di Peter “The Hobbit” Jackson che infatti ha messo mano alla sceneggiatura, tratta da un libro di Philip Reeve (in Italia lo edita Mondadori ed è il primo della serie) e divertendosi – pare – a girare anche alcune sequenze. La regia comunque è stata delegata a un suo collaboratore, Christian Rivers, Oscar per la cura degli effetti visivi di King Kong e qui chiamato, debuttante, a coordinare la coreografia come regista. Il fulcro dello spettacolone (oltre due ore) è sinteticamente quello di un fanta-action post apocalittico girato con l’allegria interna di un fantasy per pre-adolescenti.

Si fa humour sui gadget dell’odierna cultura di massa (persino sui Minions: ma nel romanzo al loro posto – non vi diciamo dove – ci sono Topolino e Pluto!), si butta lì qualche considerazione amaramente saggia (“Come poteva una società così avanzata essere così stupida?”), si crea un mostro-zombie quasi invincibile ma dal cuore pateticamente romantico; soprattutto si scelgono come protagonisti due non conosciuti ma totalmente disponibili, la darkina Hera Hilmar (S.O.S. Natale e il tv Da Vinci’s Demon) e il faccia pulita Robert Sheehan (Shadowhunters), giusto per permettere a quelli cui il prodotto è indirizzato di identificarsi senza sforzi o perversioni non preordinate. Attorno a loro, un cast solido ma non di grande fama, a parte Hugo Weaving, già della banda Jackson nella trilogia de Il Signore degli Anelli: tra i tanti spiccano la musicista Jihae (bel tipo), ovvero la tosta orientale Anna Fang e Stephen Lang (Avatar), peraltro nascosto dietro la struttura da zombie cyborg di Shrike (“l’ultimo rimasto della brigata Lazarus!”).

Macchine mortali

In effetti gli attori non contano. Sono le scenografie da pura atmosfera steampunk, gli ambienti desolati trovati in Nuova Zelanda e soprattutto gli effetti speciali, visuali e oltre, a creare stupore e meraviglia, tenendo agganciata l’attenzione dello spettatore (senza fargli domandare, ad esempio, come facciano le megalopoli a muoversi su terreni accidentati su cingoli senza frantumarsi) e cercando di non suscitare il sospetto che tutto quel vorticare di battaglie, di inseguimenti, di luci, esplosioni deriva tutto ed esclusivamente da Star Wars ed epigoni successivi. Così come la passione tra i due ado segue passin passino quegli amori tenerello-buffi e casti di tanto (troppo?) cinema internazional popolare, da Titanic a Twilight, battutone comprese (“Si va dove ci porterà il vento!”).