MELBOURNE

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id. Iran, 2014 Regia Nima Javidi Interpreti Peyman Moaadi, Negar Javaherian Sceneggiatura Nima Javidi Produzione Javad Noruzbegi Distribuzione Microcinema Durata 1h e 33′ www.tinyurl.com/lb9puo2

In sala dal 

27 novembre

Teheran. In attesa di partire per l’Australia a studiare l’inglese, fervono i preparativi in casa di Amir e Sara. Improvvisamente la tragedia: la figlia neonata dei vicini di casa, affidata per poco tempo a loro, cessa di respirare. Cosa è successo? Cosa fare? Se c’è colpa di chi è stata? Tra telefonini che squillano, videocitofoni che si illuminano, il computer che manda videomessaggi e gente che bussa la porta, la frastornata coppia viene invasa dai sensi di colpa e dall’urgenza di fare qualcosa, innanzitutto di nascondere a tutti quello che è successo.

Dall’Iran, chiaramente sulle orme del travolgente “Una separazione” di Farhid Bagdadi (del resto l’attore Payman Maadi è protagonista di entrambi), uno psicodramma da camera in tonalità thriller e in unità di tempo e luogo. Un film che parla un linguaggio universale pur essendo necessariamente caratterizzato sul luogo (e questo peraltro dovrebbe muovere dubbi e riflessioni sulle accuse generiche di arretratezza alla società civile iraniana, almeno nei riguardi della sua borghesia medio-alta). Un robusto debutto quello del 34enne anche sceneggiatore Nima Javidi – ha al suo attivo due documentari e tanto lavoro in pubblicità; qui dirige tra l’altro la sua compagna, l’intensa Negar Javaherian – attento e sensibile nell’orchestrare e registrare lo sconcerto, l’incertezza e lo strazio emotivo negli sguardi e nei gesti dei protagonisti. Una qualità attenuata solo da una predisposizione a tirare la vicenda per le lunghe (nonostante la durata normale di 93 minuti), cincischiando un po’ tra arrivi e irruzioni più o meno impreviste che non fanno certo salire una tensione di per sé già alta. Un peccato veniale, ma è comunque un peccato. In più, certamente lo sfavorisce il paragone (inevitabile) con il ben più compatto e articolato film di Bagdadi, ma Venezia, dove ha aperto la 29ma edizione della Serttimana della Critica, lo ha salutato con il giusto rispetto.

Massimo Lastrucci