“OCEANIA”: LA RECENSIONE!

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Moana, Usa, 2016 Regia Ron Clemens, John Musker Distribuzione Walt Disney Pictures Durata 1h e 47′

 

 

In sala dal 22 dicembre 2016

IL FATTO – L’improvvida smargiasseria del semidio Maui ha incupito le isole della Polinesia. Rubando il cuore della dea Te Fiti con il proposito di donare il potere di creare la vita agli umani, ha scatenato una sorta di oscurità-malattia che progressivamente uccide le piante e fa fuggire i pesci. Ma la giovane Vaiana, ovvero la figlia del capo, che freme per superare il reef e inoltrarsi nell’Oceano (suo amico) sa di avere una missione: “obbligare” Maui a restituire la sottratta (e poi perduta) pietra verde alla divinità, schivando la furia distruttrice di Te Kà, mostro di lava e terra.

L’OPINIONE – In originale si chiama Moana e non chiedetevi perché in Italia si sia preferito cambiare il nome della protagonista e il titolo del film. I gloriosi Ron Clements e John Musker tornano qui alla progettazione e direzione di un grande cartoon; ci mancavano dal 2009 di La principessa e il ranocchio. Questo oltretutto è il loro primo realizzato con il computer, dopo essere stati gli alfieri Disneyani del film a disegno animato, ma ci sembra lo stesso perfettamente (e deliziosamente) in linea con il sapiente e morbido femminismo dei loro capolavori, La sirenetta e Aladdin. Al primo tra l’altro un po’ si avvicina per il carattere propositivo e avventuroso della protagonista, nonché per la ricchezza del coté musicale (non sarebbe sbagliato definirlo un cartoon-musical), ora fastoso ora folklorico ora ritmato soul, opera di Mark Mancina con canzoni originali di Opetaia Foa’i e Lin-Manuel Miranda; al secondo per la presenza, simpatica e sovrabbondante, di un personaggio magico e mutaforme, là il Genio qua il tatuatissimo e infantilmente sbruffoncello Maoui (se pensate che il modello sia un guerriero maori ci avete azzeccato).

Avventura ariosa e colorata con gustoso contorno di personaggi (tra cui un pollo strabico e scemo e una nonna considerata “la pazza del villaggio” – in realtà la più saggia – quella che consiglia Vaiana di “seguire la sua stella”), l’ora abbondante del film scorre che è un piacere. Se piace il fatto che per una volta vengano schivati i contesti sentimentali più da cliché che da tradizione, dall’altro la storia dell’adolescente che si domanda “chi sono destinato a essere?”, comune a tanti racconti di formazione, possiede qui una coerenza e una capacità di convinzione ed empatia che decisamente è mancata ad altri analoghi colleghi animati.

Massimo Lastrucci

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