OUIJA: L’ORIGINE DEL MALE

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Los Angeles, 1965. A babbo morto, la mamma e madre Alice Zander – figlia di chiaroveggente – vorrebbe sbarcare il lunario con la chiromanzia, magari utilizzando una tavoletta Ouija, il gioco che sta spopolando negli USA in quegli anni. Il fatto è che è la figlia minore Doris a possedere veramente delle doti da medium. Infatti entra subito in contatto con uno spirito che lei scambia per  quello del padre. All’inizio l’entità sembra innocua, un tipo “ciarliero”, magari un po’ dispettoso (tira le coperte di notte), ma aiuta a fare i compiti e fa trovare dei soldi per pagare l’affitto. Poi si rivelerà malvagio e vendicativo, si impossessa dell’inquietante piccina e per prima cosa minaccia la sorella maggiore Lina e il suo boy friend (“Sai cosa si prova a morire strozzato?”). 

Tempo di Hallowen, tempo di paura. Senonché anche il cinema horror non è più quello di una volta e non è certo tornando indietro nei decenni, allo spavento griffato vintage, che si risolvono i problemi di fantasia e creatività. A scanso fraintendimenti: il film di Mike Flanagan (uno nato a Salem, là dove si bruciavano le streghe nel ‘600, e già segnalatosi con l’ottimo Oculus, 2013, seguito da Il terrore del silenzio, 2016 e Somnia, 2016, tutti lo stesso anno, come si nota) è abile e discretamente strutturato, costruisce il suo bravo effetto valanga dal particolare alla catastrofe, dal piccolo brivido all’apoteosi, con tanto di finale con puntuale colpo di scena; scenografie, costumi e canzonette pop, seppur senza scialare col budget, rimandano agli anni della nostalgia senza scemenze marchiane.

Aggiungiamo che gli attori sono ben condotti, con la piccola Doris – pettinata come una più grande della sua età e persin leggermente truccata – in effetti inquietante  e antipatica al punto giusto (è interpretata da Lulu Wilson, già attiva nell’horror con Liberaci dal male, 2014) e qualcuno riconoscerà nel bel pretino (perché qui non è difficile trovare rimandi alle atmosfere di titoli seminali come L’esorcista o Amityville Horror), l’ex protagonista di E.T., ora cresciutello, Henry Thomas. Purtroppo è proprio la formula a essere consumata e quindi – peccato mortale! – in qualche modo rassicurante. D’altra parte si tratta di un prequel, quello del fortunato Ouija del 2014 – dove appaiono tra l’altro i personaggi di Doris e Paulina Zander – mai l’ambito favorito per sperimentazioni o operazioni originali.