Paradiso in vendita riporta Luca Barbareschi dietro la macchina da presa dopo il drammatico The Penitent, questa volta con una commedia di costume ambientata e girata in Italia. L’abbiamo vista in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, sezione Progressive Cinema.
IL FATTO
Per concludere un affare di vendita da parte del governo francese, il funzionario François detto Richelieu (Bruno Todeschini) viene mandato a Fenicusa (nome immaginario, in realtà Filicudi), un’isoletta sperduta delle Eolie che l’Italia ha deciso di cedere alla Francia. Dietro la promessa di fargli presto occupare un posto al Ministero dell’Economia, “l’ambasciatore” Francois trascorre in incognito un paio di settimane tra i recalcitranti fenicusani, cercando di acquisire, nell’ombra, tutte le loro proprietà a costo di manipolazioni e negoziazioni. Tuttavia, il compito non sarà così facile come previsto, anche – e soprattutto – per la tenacia della bella maestra (nonché sindaco dell’Isola) interpretata da Donatella Finocchiaro.
L’OPINIONE
Una «fiaba politica», così Barbareschi ha definito il suo Paradiso in vendita, storia che prende ispirazione da una curiosa notizia di cronaca risalente al 2015, quando il governo greco, in profonda crisi economica, mise in vendita alcune isole dell’Egeo e del Dodecaneso (i prezzi, oscillanti dai 3 ai 15 milioni furono inseriti nel catalogo del portale Private Islands Online). Inizialmente pensato con il working title Svenduti, il film si è piano piano modellato sull’identità italiana dell’isola di Filicudi, di cui Barbareschi è cittadino onorario. Un esempio di «realtà piccola che si ribella al potere» che diventa metafora di resistenza, in negazione dello spietato hybris della Finanza che pensa che tutto sia acquistabile.
Materiale che nelle mani e nella regia di Barbareschi diventa una commedia sicuramente non spiacevole, di largo pubblico, ma di poca originalità. La “lotta all’invasore” assume tratti parodistici esagerati, lontani dall’astuto umorismo di un Benvenuti al sud, per dire, e più simili alle lotte galliche di Asterix e Obelix, con tanto di mappa con le bandierine della Francia e urla battagliere. Il ché fa anche sorridere, come il tentativo di francesizzare l’Isola con foie gras, camembert e magliette di Zidane, ma resta lì, nel limbo di una commedia sopra le righe, che invece ha nell’ambientazione il suo lato più efficace. Difficile sbagliare, d’altronde, con una perla di rara bellezza come Filicudi, mostrata nel suo lato più selvaggio, anche mitologico, che resta, appunto, la cosa più riuscita del film, insieme alle interpretazioni di Donatella Finocchiaro e dello svizzero-francese Bruno Todeschini.
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L’esempio di massima poetica girato su un’isola, Il postino con Massimo Troisi, oppure per gli stereotipi francesi l’equivalente transalpino (e originale) del già citato Benvenuti al sud, Giù al Nord (Bienvenue chez les Ch’tis).