È interessante che nello stesso anno due autori come Guillermo Del Toro e Robert Zemeckis offrano la loro personale visione di Pinocchio, il classico di Carlo Collodi, entrambi dando alla storia una deriva politica raramente espressa in passato per raccontare la storia del burattino senza fili.
LEGGI ANCHE: Pinocchio di Guillermo del Toro, il trailer del film
Il premio Oscar per Forrest Gump si è concentrato nel suo film su una allegoria degli Stati Uniti contemporanei, discorso che aveva iniziato in Benvenuti a Marwen e proseguito con il desiamente troppo sottovalutato Le streghe). Il cineasta messicano invece ha puntato il dito sui totalitarismi del passato, implicitamente sottolineando la ciclicità della Storia.
Suggestioni non nuove nel cinema di Del Toro. Sia La spina del Diavolo che Il labirinto del fauno sono ambientati durante il franchismo. Per La forma dell’acqua ha scelto la Guerra Fredda, altro momento storico in cui la libertà dell’individuo era limitata da poteri superiori.
E la parola d’ordine di questo suo Pinocchio (realizzato con un’animazione stop motion dal livello tecnico incredibile) è proprio libertà, quella di un burattino a cui è stata data la vita e che la vuole assaporare in maniera anarchica, imparando dagli errori e dalle esperienze.
LEGGI ANCHE: Guillermo Del Toro: “Il mio Pinocchio celebra la disobbedienza”
Quest’ennesima rilettura risulta assai meno stucchevole di molte sue precedenti versioni cinematografiche. Pinocchio è meno che mai una marionetta, al contrario la sua imperfetta umanità lo affranca dall’essere strumento di una morale reazionaria e lo trasforma in un testimone della Storia.
Il risultato è uno dei migliori film della carriera di Del Toro, in cui convergono tutte le sue passioni e ossessioni che sfociano in un finale dall’enorme impatto emotivo. E, curiosamente, molto “zemeckisiano”, ma che ricorda anche il mai abbastanza celebrato A.I. – Artificial Intelligence di Steven Spielberg, probabilmente la migliore versione di Pinocchio mai portata sullo schermo.