Raya e l’ultimo drago – La recensione

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Dopo Mulan, il cartoon Disney del 1998 diventato lo scorso anno un blockbuster live-action, la trilogia Kung Fu Panda avviata nel 2008 dalla DreamWorks (che ha generato anche una serie tv) e Over the Moon – Il fantastico mondo di Lunaria prodotto nel 2020 da Netflix, tocca oggi a Raya e l’ultimo Drago, il lungometraggio Disney diretto da Don Hall e Carlos López Estrada, proseguire il lungo corteggiamento che gli animatori occidentali stanno effettuando nei riguardi dei miti e gli eroi della cultura orientale.

Se nei casi precedenti però erano cultura e tradizioni cinesi al centro della narrazione (il fatto che la Cina sia potenzialmente il più ampio mercato cinematografico del pianeta non è ovviamente estraneo a simili scelte) con Raya si è percorsa una strada inedita: il film è infatti un fantasy, ambientato in un mondo immaginario che non si rifà a una specifica nazione, ma evoca globalmente le diverse etnie e culture del sud-est asiatico.

Eccoci allora trasportati a Kumandra, dove nel lontano passato umani e draghi vivevano insieme in armonia fino a quando una forza malvagia ha minacciato l’intero mondo e
i draghi non hanno esitato a sacrificarsi pur di salvare l’umanità che, invece di trarre insegnamento dal loro sacrificio, si è divisa in cinque differenti regni funestati da
folli lotte fratricide. 500 anni dopo la stessa forza malvagia torna a perseguitare Kumandra e la giovane Raya, guerriera solitaria accompagnata dal bizzarro animale da compagnia
che funge anche da mezzo di locomozione Tuk Tuk, parte alla ricerca di Sisu leggendario drago acquatico, ultimo sopravvissuto della sua specie. Raya pensa infatti che solo l’aiuto del drago si possa tentare la riunificazione dei popoli di Kumandra, per fermare l’avvento del male.

Con una lavorazione durata oltre quattro anni Raya, pur ambientato in un fantasioso oriente, è un potente monito sulla necessità dell’ascolto reciproco come unico mezzo
per superare insieme le reciproche differenze e trovare un territorio d’intesa per il bene comune. Fin troppo facile allora individuare nel messaggio del cartoon la risposta alle
feroci divisioni che hanno devastato l’America durante la presidenza Trump, divisioni culminate nel criminale assalto a Capitol Hill, la cosa più vicina a un tentato golpe mai vista negli Stati Uniti.

Naturalmente, anche se il messaggio del film è estremamente politico, Raya è innanzitutto una festa di colori, uno zibaldone di fantasia visiva dove il drago Sisu ha il ruolo di assoluta mattatrice. Dimenticavamo infatti di sottolineare che Sisu è un drago femmina, proprio come la protagonista Raya e l’antagonista Namaari, l’animazione insomma, ben prima del cinema dal vero, non ha perso tempo nel dare ruoli centrali alle donne, sia che questi siano personaggi umani, o mitologici.

Sisu non è il classico (e per lo più minaccioso) drago della tradizione occidentale, ma fa riferimento alla mitologia dei Naga, creature semidivine che, nel suo caso, possono però essere anche estremamente ingenue e persino un po’ goffe, garantendo inaspettate gag. La fedeltà ad atmosfere e tradizioni orientali è stata garantita innanzitutto dagli sceneggiatori Qui Nguyen e Adele Lim (Crazy & Rich), ma nonostante questo il film negli Stati Uniti ha anche subito una polemica etnica che appare perlomeno bizzarra.

C’è infatti chi ha lamentato che, essendo Raya un film ispirato al sud-est asiatico, non era corretto che, a parte la protagonista (cui ha dato voce Kelly Marie Tran), gli altri doppiatori fossero in realtà attori di origine est asiatica come Gemma Chan, Daniel Dae Kim, Sandra Oh, Benedict Wong e Lucille Soong. Chi in Italia vedrà il film doppiato il problema non se lo
pone proprio, ma per tutti gli altri davvero questo può essere un argomento di discussione? In primo luogo Kumandra è un mondo immaginario, ma poi, anche se fosse il nostro mondo, da quando un attore non può essere libero di recitare qualcuno di diverso da sé? Sarebbe come rimproverare Anthony Hopkins per non aver praticato il cannibalismo prima di interpretare Hannibal Lecter.

Dal 5 marzo, con Accesso VIP, il pubblico potrà guardare Raya e l’ultimo drago prima degli altri abbonati Disney+. Disney+ offre Accesso VIP a Raya e l’ultimo drago a 21,99€ su disneyplus.com.

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
raya-e-lultimo-drago-la-recensioneDopo Mulan, il cartoon Disney del 1998 diventato lo scorso anno un blockbuster live-action, la trilogia Kung Fu Panda avviata nel 2008 dalla DreamWorks (che ha generato anche una serie tv) e Over the Moon – Il fantastico mondo di Lunaria prodotto nel 2020...