“Rosso Istanbul”: la recensione del nuovo film di Ferzan Ozpetek

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Istanbul Kirmizisi Italia/Turchia, 2017 Regia Ferzan Ozpetek Interpreti Halit Ergenç, Tuba Büyüküstün, Nejat Isler, Mehmet Günsür, Serra Yılmaz Distribuzione 01 Durata 2h 01

Al cinema dal 2 marzo 2017

IL FATTO — Dopo vent’anni Orhan (Halit Ergenç) torna a Istanbul per curare l’editing del primo romanzo del famoso regista Deniz Soysal (Nejat Iler). Mentre sullo sfondo risuonano i rumori della trasformazione edilizia della città sul Bosforo, Orhan è costretto a scontrarsi con le memorie che non voleva, con la città che intendeva scordare e con nuovi sentimenti, l’amore contrastato per Neval (Tuba Büyüküstün). Un percorso che diventerà ancora più stordente quando Deniz sparirà improvvisamente senza lasciare traccia, se non la rabbia e il dolore di Yusuf, il ragazzo che aveva amato.

L’OPINIONE — Quella data iniziale – 13 maggio 2016 – segnala a tutti che il mondo del film si ferma prima del recente tentato golpe, prima della Istanbul in rapida mutazione, non solo nell’aspetto urbanistico. Per Ferzan Ozpetek, cui si addicono gli abiti di Orhan ma anche quelli di Deniz, è tempo di tornare a tuffarsi nelle acque del Bosforo, le viscere di Istanbul. Il film, che avremmo voluto “sentire” in originale, segna il suo ritorno a casa, ma quella casa – come le molte meravigliose abitazioni del film – non c’è più, è in perenne trasloco. Rosso Istanbul, così diverso dal tono sentimentale del romanzo omonimo dello stesso Ozpetek che ne è all’origine, è un sogno velato di nostalgia e i protagonisti, grandi figure della scena turca, bellissimi e rarefatti, ricordano i fantasmi di Magnifica presenza (2012).

La malinconia è sottile e il ritmo segnato dalle scomparse misteriose è forse il modo scelto dal regista per elaborare un lutto e un distacco. Non a caso l’attualità terribile risuona appena nel film, pochi cenni, i profughi allontanati, le madri in piazza: ciò che importa a Ozpetek è altro, fissare nella memoria il mondo meraviglioso, minacciato e perduto della sua adolescenza e della borghesia affluente e cosmopolita che popolava la città-ponte tra Europa e Asia.

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