SOMNIA

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Il piccolo Cody ha un potere speciale: quando dorme i suoi sogni si materializzano. Incantevoli quando sono positivi, terribili quando sono degli incubi popolati da un sanguinario Uomo cancro. Per questo motivo non è stato mai possibile, dopo la morte della madre, trovare una famiglia stabile per lui, è sempre successo qualcosa che ha costretto l’assistente sociale che lo segue a cercarne una nuova. Gli ultimi sono Jessie e Mark, desiderosi da dare affetto dopo la morte del loro figlio Sean.

Sarà forse per la città dove è nato, quella Salem in Massachusetts molto raccontata da Stephen King, nonché luogo di streghe, che il regista Mark Flanagan ha deciso di specializzarsi nell’horror? Sta di fatto che Dopo Absentia (2011) e Oculus – Il riflesso del male (2013), con Somnia Flanagan continua nel suo percorso, scegliendo in questo caso la via ormai consolidata della storia di fantasmi legati al dormire. Mescolando Nightmare a Babadook, il regista crea una progressiva tensione che culmina con due scene madri (la svolta della vicenda e il finale). Non ci sorprendiamo quindi nel vedere il piccolo Cody combattere contro il suo pericoloso potere, ma restarne prigioniero o di assistere ai dilemmi di Jessie e Mark, divisi tra l’affetto per il figlio morto e quello per il nuovo arrivato dalla personalità così particolare. E neppure di vedere le paurose conseguenze dei suoi sogni, che finiscono inevitabilmente con il coinvolgere i suoi nuovi genitori adottivi. Tutto già molto visto, ma raccontato da Flanagan con eleganza e dosaggio dell’effetto speciale. Certo, gli incalliti del genere potrebbero aspirare a qualcosa di più, nonostante il finale aperto con tanto di spiegazione psicologica (relativamente) plausibile. Su questa linea si affiancano le performance degli attori. Bravo il piccolo Jason Tremblay, che si tiene lontano dai facili manierismi di bambino, misurati Kate Bosworth e Thomas Jane, genitori credibili e umani.