“Sulla Via Lattea”: Monica Bellucci nel realismo magico di Kusturica

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Na mliječnom putu Serbia/GB/Usa, 2016 Regia Emir Kusturica Interpreti Monica Bellucci, Emir Kusturica, Predrag Manojlović, Sloboda Mićalović Distribuzione Europictures Durata 2h e 5’

Al cinema dall’11 maggio 2017

IL FATTO – Proprio sulla linea del fuoco che sta insanguinando la Jugoslavia, vive e lavora il lattaio Kosta. L’uomo, che vanta studi musicali alle spalle, ha un particolare rapporto con gli animali – tra cui un falco pellegrino, un asino e un serpente cui dona ogni giorno del latte e che diventa sempre più simbolicamente grande – si innamora all’improvviso di una donna italiana, Nevesta (“L’unica cosa che abbia un senso è amare qualcuno, come si può”), sfidando le gelosie di Milena che ha un fratello militare ed eroe di guerra. Ma si può essere felici mentre tutto il mondo sta esplodendo?

L’OPINIONE – E’ evidente che Emir Kusturica, uno dei vertici della cinematografia degli anni ’80 e ‘90 (con almeno tre capolavori assoluti in carniere, di formidabile struttura narrativa e poesia visiva: Papà…è in viaggio d’affari, Il tempo dei gitani, Underground), sta attraversando una peraltro troppo lunga pausa di riflessione e cazzeggio, tra lavori minori, comparsate, attività musicali e imprenditoriali varie. Presentato all’ultimo festival di Venezia dove ha vinto un premio minore, On the Milky Road lo conferma. Quando va bene è una riproposizione di suggestioni e temi trattati in altri suoi lavori precedenti (specie Gatto nero, gatto bianco e La vita è un miracolo), con una commovente attenzione per la naturalezza e l’ innocenza degli animali – con un falco che balla al suono dei cimbali di Kosta, delle oche che si tuffano in una vasca colma di sangue di maiale appena morto, pecore che esplodono, una gallina ipnotizzata dalla propria immagine allo specchio- e una cinepresa che ancora incanta quando si immerge in paesaggi brulli o poco contaminati, quando va maluccio (male male mai, poiché si tratta sempre di un signor cineasta) ricicla le feste quasi barbariche già sfruttate altrove, con le sconsiderate che sparano per allegria o i tipi buffi che fanno folclore balcanico.

Soprattutto tiene poco sul piano della recitazione, non tanto per una Bellucci usata (bene) come una poderosa immagine di femminilità italiana quasi anni ’50 (peraltro recita in serbo nell’originale), quanto per se stesso, protagonista dal volto sì gaglioffo su cui ogni esperienza passata ha lasciato traccia, ma in effetti poco emozionante e monocorde. In quanto al grande Miki Manojilovic è poco più di un cameo (che si avvolge nudo nella bandiera jugoslava) e la fulgida Sloboda Micalovic colpisce più che altro come ginnasta e contorsionista. Insomma, qui la formula del realismo magico è non molto magica (anche se il film premette che è basato su tre storie vere), sebbene il mestiere salvi comunque l’onestà dell’operazione.

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