THE ICEMAN

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Id. Usa, 2012 Regia Ariel Vromen Interpreti Michael Shannon, Chris Evans, James Franco, Winona Ryder, Ray Liotta Sceneggiatura Morgan Land, Ariel Vromen Produzione Ehud Bleiberg, Avi Lerner, Ariel Vromen Distribuzione Barter Multimedia Durata 1h e 46′

In sala dal

5 febbraio

Una storia tanto incredibile da essere vera. Per i vicini è un onesto e probo lavoratore, per i familiari un amorevole marito e padre, per la polizia uno spietato serial killer al soldo della mafia. Ecco a voi la carriera di Richard “The Iceman” Kuklinski, dai suoi esordi (lavorava come tecnico in una artigianale ditta di pornomovie) al suo arresto nel 1986, qui probabilmente arrotondata per difetto.

I periti parlano di un arco che va dai 33 ai 250 omicidi (!!) in pochi decenni. A volte spicci, a volte terrificantemente sadici, tutti eseguiti con l’aplomb del “professionista” impassibile. Praticamente la maschera ideale per il miglior Michael Shannon, un attore la cui faccia solcata di rughe, bitorzoli e curve si presta egualmente tanto per i ruoli da peggio debosciati come per quelli di mansuete e afflitte pecorelle (in Boardwalk Empire in questo senso è perfetto). Un bio gangster-movie con le caratteristiche del film indipendente, con poca enfasi e mèlo (tanto bastano i fatti raccontati), molte atmosfere metropolitane e tanti celebri attori giovani quasi in pausa da Hollywood (ci sono anche la rediviva Winona Ryder – che qui ha sostituito Maggie Gyllenhaal – Chris Evans, James Franco, David Schwimmer, Ray Liotta, Stephen Dorff). È evidente che l’autore e cosceneggiatore Ariel Vorman (from Israel to USA, con due regie di genere sinora in curriculum, RX strade senza ritorno e Danika) sia rimasto affascinato dall’enigma incomprensibile dell’orrore di un comportamento persin sadico senza mai sensi di colpa e l’irreprensibilità di una apparenza piccolo-borghese. Non per niente la domanda chiave su cui la cinepresa indugia è: «Mr. Kuklinski non si pente mai delle cose che ha fatto? ». E da un’altra parte, in un altro momento, quasi si giustifica: «Io non uccido donne e bambini ». Non siamo di fronte a un thriller di quelli succulenti che virano sul trascendente, Martin Scorsese (già, la mente corre inevitabilmente verso di lui) ne avrebbe tratto un quadro di ben più alta espressività e corrosività, ma la forza della cronaca vera comunque basta e avanza.

Massimo Lastrucci