THE LAZARUS EFFECT

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Id. Usa, 2015 Regia David Gelb Interpreti Olivia Wild, Mark Duplass, Evan Peters Distribuzione Notorious Durata 1h e 23′

In sala dal 

21 maggio

Un team universitario sta lavorando intorno a un progetto scientifico per scovare il modo di risvegliare i pazienti dal coma. Scoprono invece qualcosa di più: la possibilità di ridare la vita ai cadaveri (l’effetto Lazarus, appunto), in questo caso di un cane. Informato degli esperimenti non autorizzati, il rettore intima loro di sospendere tutto. Frank, Zoe, Clay, Nico più Eva che filma e documenta ogni test, decidono di rifarlo un’altra volta e accade il patatrac. Un corto circuito e Zoe (che è anche la partner del capo equipe Frank) rimane fulminata. Nella disperazione e nella concitazione, lo scienziato prova su di lei quello che avevano fatto al cane. Zoe ritorna così alla vita ma qualcosa decisamente non va. Cosa è effettivamente risorto di Zoe?

Fanta horror in ambiente asettico e chiuso, The Lazarus Effect cerca di utilizzare al massimo il budget (minimo, 3 milioni e 300 mila dollari) a disposizione. Qualche dilemma morale shakerato e sbandierato come messaggio e poi uno schema a mattanza prevedibile con effetti sonori, visivi e tanti colpi improvvisi a cercare di sorprendere lo spettatore. Ci vuole però più malizia, più impegno e soprattutto qualche efficace trovata di storia e sceneggiatura per non finire subito nel dimenticatoio e qui non succede (però in America ha già incassato più di 25 milioni di dollari, quindi il prodotto produrrà comunque infine degli utili). Del cast si riconoscono, tra gli incauti apprendisti stregoni, l’algida Olivia Wilde dagli occhi belli e freddi (In Time, Lei) e l’habitué di American Horror Story (tv) Evan Peters. Del 32enne regista esordiente (nei lungometraggi) David Gelb diremo che si deve ancora fare le ossa e acquisire malizia, troppo timidamente lindo e perbene il suo stile per rimestare con efficacia nelle paure del nostro inconscio. E un horror per funzionare davvero deve essere, se non “brutto” e “sporco”, almeno cattivo.

Massimo Lastrucci