MARTIN SCORSESE: «SPERO CHE “SILENCE” RIACCENDA IN AMERICA I VERI VALORI»

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Nel 1988, dopo una proiezione del suo film L’ultima tentazione di Cristo, Martin Scorsese ricevette da uno spettatore un libro in regalo, Silenzio del giapponese Shûsaku Endô, sulle tragiche vicende di alcuni gesuiti portoghesi nel Giappone del diciassettesimo secolo. Il mittente era l’Arcivescovo di New York e un biglietto lo invitava a leggere quel testo che affrontava profondi interrogativi riguardanti la fede. Due anni dopo Scorsese portò il libro con sé quando si recò in Giappone per interpretare il ruolo di Van Gogh in Sogni di Akira Kurosawa e finalmente lo lesse. Rimase totalmente coinvolto da quella storia di persecuzioni, torture e morte di migliaia di persone che si erano convertite al cattolicesimo.
Oggi confessa che non capì a fondo il significato della parte finale del racconto ma cominciò subito a scrivere una sceneggiatura che seguiva la vicenda dei due giovani gesuiti che partono per il Giappone alla ricerca del loro maestro spirituale che avrebbe abbandonato la fede cattolica per sopravvivere alle persecuzioni. Ma di quel film non se ne fece nulla e, negli anni successivi, Scorsese continuò a leggere il libro, a prendere appunti e a pensare a come trasportarlo sullo schermo. Fra tentativi e abbandoni del progetto, fra problemi di finanziamenti e di diritti, si arrivò al 2014, quando Silence entrò finalmente in lavorazione. «Nel frattempo avevo realizzato diversi altri film», spiega il regista, «La mia vita privata era totalmente cambiata ed ero pronto ad affrontare quella storia densa di temi che hanno sempre occupato uno spazio importante nella mia vita. L’idea che abbiamo della religione nell’infanzia può in seguito trasformarsi in un rifiuto, per poi cambiare ancora e indicarci una dimensione di noi stessi che definirei, semplicisticamente, spirituale. Credo che questa ricerca sia presente in molti miei film, daMean Streets a Taxi Driver, a Toro Scatenato…»

In Silence, il giovane gesuita, interpretato da Andrew Garfield, si trova a dover scegliere fra la sua fedeltà alla religione e la salvezza di tanti individui. Un conflitto che il fanatismo religioso ha reso molto attuale…

Senza dire troppo dello svolgimento della storia, penso che sia difficile interpretare certe scelte e ancora di più giudicarle. Padre Rodrigues deve, abiurando, rifiutare ciò in cui credeva o trascendere a un livello più alto di fede? Che parti del film riecheggino ciò che sta accadendo nel mondo, è una semplice coincidenza. Non sarebbe stato così se fossi riuscito a girare il film dieci anni fa. Come è pura coincidenza che il film venga distribuito in America fra poche settimane, le ultime della presidenza di Obama. Non è dipeso da me ma spero che la sua visione possa generare alcune riflessioni, stimolare nello spettatore il desiderio di riconsiderare i veri valori che dovrebbero guidare la vita. Specie ora che i comportamenti e l’arroganza che ho descritto in The Wolf of Wall Street sono vincenti e controllano la nazione.

Qual è il significato del titolo, Silence?

Il silenzio di Dio. Anche se il silenzio in realtà non esiste, ha un suono, come tutto il resto. Ma possiamo tentare di raggiungere una condizione mentale che consenta di avvertire il silenzio, liberando la mente da tutta la rumorosa follia che ci circonda.

Come è arrivato a scegliere i due protagonisti, Andrew Garfield e Adam Driver?

Nei tanti anni di preparazione del film ho considerato e contattato diversi attori. Poi il progetto slittava e quegli attori diventavano troppo vecchi per i ruoli. Recentemente altri, pur desiderando di lavorare con me, non si ritrovavano nei personaggi e hanno rifiutato. Sono molto felice dei miei due interpreti, esprimono la purezza della quale la storia aveva bisogno.

Claudio Masenza

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