TFF2015: “THE GIRL IN THE PHOTOGRAPHS”, IL VUOTO DIETRO L’IMMAGINE

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Al Torino Film Festival è stato presentato il secondo film di Nick Simon che è stato prodotto da Wes Craven ed ha subito attirato l’attenzione della critica e del pubblico

Wes CravenL’attenzione che la critica e il pubblico hanno dedicato al secondo film dell’americano Nick Simon The Girl in the Photographs, presentato al Torino Film Festival nella sezione After Hours, è dovuta al fatto che si tratta dell’ultima pellicola in cui compare la firma di Wes Craven, seppur soltanto nelle vesti di produttore esecutivo. Sarebbe erroneo pensare che la presenza tra i titoli di testa del regista di Nightmare scomparso lo scorso agosto sia un puro pretesto per attirare l’attenzione. Simon, infatti, dimostra di possedere molte doti del suo “nume tutelare”: a partire da una cura stilistica e da un’eleganza nei movimenti della macchina da presa davvero ineccepibili, per arrivare all’immancabile sottile strato d’ironia somministrata con parsimonia per rendere comunque credibile e inquietante la costruzione delle singole intuizioni orrorifiche.

the girl in the photographsLo spunto di partenza è molto semplice: nella cittadina di Spearfish, alcune ragazze vengono brutalmente uccise e messe in posa per essere fotografate in maniera “artistica” da due psicopatici. Peter Hammings, un fotografo modaiolo e cool, vanesio ed egocentrico, viene attirato dalla qualità dei singoli scatti e si mette sulle tracce di quella che si presume possa essere la prossima vittima dei due serial killer, per anticiparli e ambire a un set fotografico senza precedenti, ovviamente senza dover passare alle “maniere forti”. Eviteremo di entrare in dettagli più approfonditi: ci limiteremo a sottolineare che il film è senz’altro un omaggio al filone slasher, quello in cui un maniaco omicida dà la caccia al numero più ampio di persone possibile, utilizzando armi da taglio per trucidare senza nessuna pietà. Quello di cui lo stesso Craven è uno dei maestri assoluti.

the girl in the photographsAl di là di un intrattenimento di ottima fattura per gli amanti del genere, The Girl in the Photographs si fa apprezzare per la riflessione sulla vacuità e sulla superficialità che circonda il nostro quotidiano: gli oggetti che immortalano pose e scatti o che riprendono e registrano scene di sesso o di violenza hanno un maggior peso dei personaggi. Nell’epoca del selfie qui e ora, sempre e ad ogni costo, c’era la necessità di un horror diretto, senza fronzoli, che punisce con severità il culto dell’immagine fine a se stessa, totalmente priva di consistenza. Come in uno Scream, i protagonisti sono “giovani adulti” sostanzialmente asettici e impotenti, poco o per nulla intelligenti. Il termine fotografia, per loro, ha perso di significato: esiste soltanto il desiderio di una registrazione del momento vissuto che possa essere mostrata ad altri o a se stessi. Senza di essa, è tempo perso. Tra gli attori, si fa notare senz’altro la diciannovenne Claudia Lee, cassiera di un supermarket, tipica bellezza di una provincia americana che affoga disinteressata nel più profondo vuoto pneumatico.

Emiliano Dal Toso