Sarebbe dovuta uscire oggi la nuova serie Disney+ Avetrana – Qui non è Hollywood sul delitto di Sarah Scazzi, che 14 anni fa a lungo e a volte in maniera assai morbosa colpì l’interesse mediatico e destò l’attenzione dell’opinione pubblica. Ma il Tribunale di Taranto ha detto no e su richiesta dei legali del Comune di Avetrana, senza che alcuno abbia ancora né visto la serie né conosca il trattamento fatto del soggetto, ne ha bloccato il lancio sulla piattaforma in attesa di una revisione del titolo.
La questione riguarda infatti proprio il titolo: la denominazione geografica del paese, che fu teatro di quel delitto a tutti ormai ampiamente nota, getterebbe discreto sulla località. Pertanto i legali del Comune di Avetrana ne hanno chiesto la modifica e il tribunale civile di Taranto ha accolto il ricorso.
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Gli autori e gli sceneggiatori italiani del mondo dell’audiovisivo, rappresentati dalle associazioni 100autori, Anac e WGI, dichiarano la propria preoccupazione in merito a quanto sta accadendo e denunciano la criticità di questa circostanza. Citando ad esempio prestigiosi titoli della storia del cinema, le associazioni di categoria si interrogano: “Basta un titolo o un’ambientazione a diffamare un’intera comunità?”. E denunciano un clima di censura e limitazioni opprimente che rende il loro lavoro difficile quando non addirittura impossibile.
Ecco il testo della dichiarazione delle associazioni.
“Questa non è l’Italia, è Gotham City
È notizia di questi giorni: un tribunale ha sospeso la messa in onda di una serie tv dopo aver accolto il ricorso del sindaco del paese in cui è ambientata (citato anche nel titolo) che ritiene che la sua comunità sia stata offesa dal modo in cui gli autori l’hanno rappresentata. Chi è del settore sa bene di quale serie si tratta, ma il titolo è secondario. Come 100autori, Anac e WGI, associazioni che rappresentano la maggioranza degli autori – registi e sceneggiatori -italiani, riteniamo fondamentale esprimere la nostra preoccupazione di fronte a un caso eclatante. Qui non si tratta di una singola persona che ricorre al giudice perché si sente diffamata, diritto sacrosanto di ogni individuo, ma di un sindaco.
Basta un titolo o un’ambientazione a diffamare un’intera comunità?
Romanzo Criminale diffama Roma?
E La saponificatrice di Correggio mise a suo tempo in cattiva luce gli abitanti del ridente paese emiliano?
Che dire di Roma Violenta, Milano calibro 9, Napoli spara!.
Mettiamoci dentro anche Gangs of New York titolo decisamente più internazionale. Non ci risulta che il sindaco della Grande Mela se la sia presa con Martin Scorsese.
È un problema tutto italiano, che si è andato ad accentuare negli ultimi anni e che rende sempre più difficile per noi autori raccontare storie radicate nel reale. Siamo sottoposti continuamente a limitazioni e ‘censura’, a partire dalle case di produzione e dai broadcaster che per il timore di essere chiamati davanti al giudice e dover sospendere una produzione o una messa in onda finiscono per comprimere lo spazio espressivo di noi autori. È una condizione opprimente che rende quasi impossibile raccontare con efficacia la nostra società e le sue zone d’ombra, minando la verosimiglianza e la credibilità delle nostre serie e dei nostri film.
Ci auguriamo che i giudici facciano le loro valutazioni con tutta la serenità necessaria e siamo fiduciosi sull’esito, ma il fatto che un tribunale abbia accolto un tale ricorso è un precedente pericoloso che rischia di trasformarsi in un ennesimo argomento per ingerenze future.
Avetrana qui non è Hollywood racconta fatti realmente accaduti, è ispirato a un libro, oltre che alla cronaca di quel terribile caso. Cosa avrebbero dovuto fare gli autori, ambientarla a Paperopoli?“