“IL TRONO DI SPADE 6 – THE DOOR”: LA RECENSIONE

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ATTENZIONE: L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER

E poi non dite che non vi avevamo avvertito. Dopo i piccoli momenti di gioia della scorsa puntata, con The Door sono arrivate le lacrime e il sangue che tanto avevamo temuto. La magra consolazione è che il quinto episodio de Il trono di spade ci aiuta a trovare alcune risposte fondamentali per la mitologia delle serie.

Si comincia innazitutto con la Barriera. La reunion di Sansa e Jon ci ha dato grandi soddisfazioni ma i problemi non mancano. La Stark infatti ha un solo obiettivo: vendicarsi di Ramsay, non prima però di aver chiuso qualche conto rimasto in sospeso con Ditocorto. I due si incontrano per la prima volta dopo che lui l’ha abbandonata nelle feroci mani di Bolton. Il disprezzo e la rabbia della ragazza sono palesi, così come il tentativo mal riuscito di Petyr Baelish di apparire dispiaciuto. Merito di Aidan Gillen che ancora una volta dimostra con pochi sguardi tutta l’ambiguità del suo personaggio: per il Maestro del Conio tutti sono delle pedine disposte sulla sua personale scacchiera quindi per lui non esistono né amicizie né sentimenti sinceri.

Forse a Westeros avranno la meglio i più freddi calcolatori. E questo potrebbe dare un senso all’interminabile (e profondamente noioso) training di Arya. È un peccato vedere Maisie Williams bloccata in questa storia che finora ci ha dato ben poche emozioni. Persino mettere il suo alter ego di fronte a un teatrino che sbeffeggia le sofferenze degli Stark è servito a poco: l’empatia lascia presto lo spazio alla frustrazione nel vedere un personaggio così interessante sostanzialmente cristallizzato da cinque episodi consecutivi. Troppi anche per i fan più affezionati. Chi invece vorremmo vedere molto meno è Bran. Il ragazzino è una specie di Gian Burrasca dei viaggi del tempo, come purtroppo dimostra il finale della puntata. I suoi poteri metafisici però permottono agli spettatori di scoprire la misteriosa origine degli Estranei. Rullo di tamburi: le creature più cordiali de Il trono di spade altro non sarebbero che un esercito di zombie generato per proteggere i Figli della Foresta dai Primi Uomini. Quel conflitto primordiale è l’inizio di tutti i guai e, a quanto pare, il peggio deve ancora venire.

Ma prima della (possibile) apocalisse di Westeros, non perdiamo di vista tutte le lotte per il potere in corso nei Sette Regni. Alle isole di Ferro va in scena una specie di convention politica: Euron Greyjoy aspira alla corona che è l’obiettivo delle mire anche di sua nipote Yara. Le battute sessiste si sprecano, i tentativi di dimostrare il valore della ragazza non servono a nulla. Alla fine il popolo decide che il guerriero fratricida sarà il nuovo Lord. Forse ha ragione Frank Underwood: la democrazia è sopravvalutata. Ai perdenti non resta che la fuga sulle navi migliori della flotta anche se, visto il metodo di incoronazione (l’annegamento), forse l’opzione di darsela a gambe non è poi tanto male. Chi non vorrebbe affatto lasciare il proprio posto di cavalier servente è invece il fedelissimo Ser Jorah. La malattia che lo affligge è una specie di peste nel mondo dello show. Per l’uomo sembra che non ci sia scampo ma Khaleesi con la morte nel cuore gli ordina di andare in cerca di una cura: Emilia Clarke e Iain Glen ci regalano così la prima scena in stile “mai una gioia” della puntata.

La nostra tristezza però viene un po’ mitigata dal dinamico duo di Meereen. Tyrion e Ser Varys dovrebbero candidarsi alle amministrative: ora nella città gli omicidi sono in calo e la schiavitù è destinata a scomparire. Ma ogni campagna elettorale ha bisogno dell’appoggio di figure di rilievo. Ecco perché i due decidono di affidarsi ad una nuova sacerdotessa rossa, Kinvara. Sì, nemmeno loro sono perfetti. E sì, c’è un’altra invasata che parla del dio della luce. La donna ritiene che la madre dei draghi sia destinata a governare il mondo. Considerando i precedenti di Melisandre, è un po’ come se qualcuno le avesse detto: «Stai serena». Noi quindi iniziamo a fare gli scongiuri ma solo dopo aver tributato il giusto applauso allo scambio di battute tra Varys e la new entry: lo scetticismo si scontra con la fede. Questo conflitto è al centro della stagione. E proprio quando sembra che sia la logica a prevalere, ecco il colpo basso: Kinvara ricorda al personaggio di Conleth Hill le torture che ha subito da piccolo. Brutta cosa i traumi infantili e chi li ricorda per il proprio tornaconto.

La lista dei ragazzini traumatizzati però si aggiorna subito perché si aggiunge anche il nome di Bran, che scopre a sue spese un dettaglio inquietante: gli Estranei possono percepirlo mentre lui si sposta tra i piani temporali. Risultato? Il giovane diventa l’obiettivo da abbattere. Come se non bastasse segnaliamo la sventurata idea di Sansa di mentire al fratello Jon pur di lanciarlo all’attacco di Ramsay mentre l’unica nota divertente di tutta questa situazione arriva dall’improbabile coppia Brienne e Tormund: non ci saremmo mai aspettati che Benioff e Weiss aggiungessero una sottotrama romantica allo show. I due però avevano in serbo anche una sorpresa ben più triste per il pubblico: il sacrificio di Hodor. Quando gli Estranei si presentano alla soglia della caverna per uccidere Bran, la situazione precipita rapidamente. Un intero esercito si oppone ad un gruppo sparuto. Cadono i Figli della Foresta, muore il Corvo con tre occhi e diciamo addio anche al personaggio di Kristian Nairn. E la tragedia è duplice perché nel presente gli zombie si accaniscono sul suo corpo ma è Stark a distruggerne la mente nel passato, rendendolo così l’uomo che abbiamo sempre conosciuto. Un essere buono e protettivo in grado di pronunciare solo la parola “Hodor”, ovvero, «Hold the door»: l’ultimo disperato grido che Meera gli rivolge supplicandolo di arrestare l’avanzata delle terribili creature del Nord.