“LEGION”: TUTTO QUELLO CHE DOVETE SAPERE SULLA PRIMA PUNTATA

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Fox non ha dubbi e ci scommette: Legion, la sua prima serie tv ispirata all’universo degli X.Men, ha debuttato in contemporanea in 125 paesi (in Italia dal 13 febbraio) cinque giorni dopo la première americana. Almeno stando al pilot, è un evento per davvero: anni luce lontana dagli stereotipi dei super-eroi Marvel, si presenta come una serie adulta, complessa, visionaria, che sembra una terza via fra il gigantismo degli eroi cinematografici e lo stile noir e metropolitano delle serie Netflix. Una vera sorpresa.

QUELLO CHE C’È DA SAPERE

Dal 1998 Fox ha i diritti degli X-Men e ora ha deciso di iniziare a produrre anche serial tv targati Marvel. Legion è il primo esperimento, al quale seguirà Hellfire Club (dedicato ad un gruppo di cattivi). Creato nel 1985 da Chris Claremont e Bill Sienkiewicz, David Heller/Legione è un personaggio dell’universo X-Men, piuttosto complesso e atipico: figlio di Charles Xavier, Heller è sia il mutante in assoluto più potente che il più pericoloso, in quanto è un giovane schizofrenico dalle infinite personalità, che non riesce a controllare i suoi molteplici poteri. Tirare le fila della sua lunga storia editoriale è un’impresa non semplice (possono aiutare i tre volumi che sta pubblicando Marvel Italia), ma Fox ha preso una decisione tanto radicale quanto intelligente: rimuovere il passato fumettistico, cancellare la presenza di Xavier e dei suoi X-Men e scegliere come tema il rapporto fra potere e malattia mentale. L’impresa è stata affidata a Noah Hawley, già premiato autore del notevole Fargo. Azzeccata anche la scelta del protagonista: il britannico Dan Stevens, già Matthew in Downton Abbey, questo mese in sala con La bella e la bestia.

A ROTTA DI COLLO (NELLA FOLLIA)

L’inizio di Legion è travolgente. Una manciata di minuti, montati come un flusso di coscienza, che riassume infanzia e adolescenza del protagonista: ribelle, diverso, emarginato, incontrollato, disperato, fino a decidere di mettersi una corda al collo e farla finita. La canzone in sottofondo è Happy Jack degli Who, la band, sia detto per inciso, famosa per la rock-opera Tommy, una storia di malattia, rigenerazione e libertà. L’atmosfera cambia radicalmente appena entriamo nel Clockworks Psichiatric Hospital (ebbene sì, neppure questo è casuale: il riferimento è al romanzo di Burgess e al classico di Kubrick, Arancia meccanica, e sempre di “malattia” si parla). Ora i colori diventano sfumati, il ritmo è un vagare da sonnambuli in un non-spazio asettico, con le domande che si ripetono come un’eco (stai facendo progressi? come ti senti? come ti fa sentire?) e i pazienti che fanno la fila, composti e mansueti, per prendere le pillole colorate. Manca Nicholson, ma sembra proprio di essere dentro Qualcuno volò sul nido del cuculo. Poi entra in scena Syd Barrett (Rachel Keller), ovvero la reincarnazione al femminile del fondatore e leader del Pink Floyd, bruciato dalla follia. E non abbiamo più dubbi: Hawley ha proprio deciso di portarci in un altro mondo, cinefilo e rarefatto.

THE DARK SIDE OF THE MOON

Hawley dice di aver ascoltato soprattutto questo capolavoro dei Pink Floyd, e che questa è la sua fonte d’ispirazione, non i fumetti. La scommessa è alta: portare lo spettatore in un territorio sdrucciolevole e contraddittorio, dove non sai mai se quel che vedi è reale o è soltanto nella mente di David Heller, un mondo fatto di fantasmi come il diavolo dagli occhi gialli (è qui adesso?) e di domande che non prevedono risposte (cos’è capitato a Lenny?), in cui ogni concetto è messo in discussione, compreso quello di malattia, “che è quella che ci rende noi”. Se c’è una serie a cui il pilot di Legion somiglia, e non è certo una serie di super-eroi, è Westworld. La sua forma è quella del labirinto. Siamo invitati a perderci.

PERDERSI/RITROVARSI

Come in ogni pilot che lascia il segno, c’è una scena in particolare che non potremo dimenticare. Syd ha (ovviamente) un problema: non può e non vuole essere toccata. Accetta però ugualmente di diventare la ragazza di David. Una storia d’amore strana, come tutto il resto, anzi impossibile. La risposta sarebbe la rinuncia, l’impossibilità, l’allontanarsi e il perdersi con malinconia. Invece David e Syd trovano un modo per superare l’ostacolo ed essere uniti, anche senza sfiorarsi. E li vediamo camminare per i corridoi della clinica, felici e ridenti, “connessi” a distanza grazie ad un pezzo di stoffa. Qualcosa di sottile e di volatile, che però anche la consistenza salvifica di un sentimento.

SVILUPPI E PREMESSE

Per buona parte della prima puntata, Legion somiglia ad una storia di disagio e ribellione giovanile che ricorda parecchi film dei ‘60/’70. Poi, inevitabilmente, arrivano i cattivi, che sono naturalmente scienziati e spie governative, si inizia a parlare esplicitamente di mutanti e di grandi poteri e, proprio nell’ultima scena, arrivano pure i buoni, che hanno aiutato David a fuggire e che, s’immagina, gli insegneranno a controllare i suoi poteri e poi faranno squadra. Un po’ si teme che ordine e coerenza prevalgano su onirico e metafora, che dietro l’angolo stiano per spuntare i super-cattivi e magari uniformi con una bella x. Speriamo che Hawley non rinunci alla faccia oscura della luna, ai sogni, alla follia.

Stefano Lusardi

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