“THE NIGHT OF”, LA VITA CHE CAMBIA IN UNA NOTTE: ARRIVA LA SERIE THRILLER CON JOHN TURTURRO

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HBO è un po’ come un amico fidato, uno che non tradisce mai. Non rinuncia alla qualità, all’intelligenza, all’originalità. Le sue serie tv, anche quelle più popolari, sono più eleganti e più profonde di gran parte delle altre. E, se possibile, spesso le sue mini-serie sono perfino meglio, perché più svincolate dagli obblighi dell’audience. Band of Brothers, Mildred Pierce e Olive Kitteridge sono tre mini-serie HBO di grande bellezza e The Night Of (dal 25 novembre ogni venerdì alle ore 21 su Sky Atlantic HD) è un nuovo gioiello.

QUELLO CHE C’È DA SAPERE

Mini-serie in otto episodi, più di un’ora l’uno, è liberamente ispirata a Criminal Justice della BBC. La profondità, eleganza e intelligenza della scrittura sono frutto del lavoro di una coppia di esperti sceneggiatori. Il primo è Richard Price, romanziere e sceneggiatore che ha lavorato con Robert Mulligan, Martin Scorsese e Spike Lee e ricevuto una nomination agli Oscar per Il colore dei soldi. L’altro è il più famoso Steven Zaillian, che ha vinto l’Oscar per Schindler’s List e ricevuto nomination per Risvegli, Gangs of New York e L’arte di vincere. Anche regista (In cerca di Bobby Fisher, Tutti gli uomini del re) dirige tutti gli episodi, eccetto l’ultimo. Protagonista è il giovane attore britannico d’origine pakistana Riz Ahmed, laureato in filosofia, apprezzato rapper e che, come attore, ritroveremo in un ruolo di contorno in Rogue One: A Star Wars Story. Accanto a lui c’è John Turturro, che, curiosamente, è stato la terza scelta per il ruolo dell’avvocato John Stone. Doveva essere inizialmente interpretato dallo scomparso James Gandolfini, che viene ricordato nei titoli di testa fra i produttori esecutivi, poi è stato proposto a Robert De Niro, che ha rifiutato per altri impegni. Quasi superfluo sottolineare che la prova di Turturro è straordinaria, malinconica e dolcemente sottotono. Da segnalare anche le interpretazioni dei caratteristi Bill Camp, nel ruolo dell’umanissimo poliziotto Dennis Box, e di Jeannie Berlin, che è Helen, combattivo e laconico avvocato dell’accusa.

QUALCOSA CHE SI SPEZZA

The Night Of è in realtà un non titolo, un titolo monco, un titolo mancato. L’opposto del sottotitolo italiano, Cos’è successo quella notte?, che riporta la serie a quello che in realtà non è, alla concretezza del genere. Un thriller, un dramma giudiziario. Almeno in teoria, al centro della storia c’è un delitto, quello di Andrea (Sofia Black D’Elia), una giovane donna, ricca, sbandata e tossicodipendente uccisa selvaggiamente a coltellate. E c’è un presunto colpevole, il giovane studente Nasir (Ahmed), che si proclama innocente, anche se tutto sembra dimostrare il contrario, visto che nella tasca interna della giacca ha perfino l’arma del delitto ancora insanguinata. Intorno a lui ruotano tutti gli elementi classici del genere: c’è il poliziotto serio e coscienzioso a un passo dalla pensione, il difensore d’ufficio molto chandleriano e disincantato, i genitori del ragazzo prima preoccupati poi angosciati, e poi, nel corso della storia, l’orrore della prigione e la tensione del processo, con testimoni assai più ambigui del presunto colpevole, fino alla sentenza finale. Noi ci aspettiamo di sapere, prima o dopo, cos’è successo veramente quella notte, e se Nasir è colpevole o innocente. Ma The Night Of , e questo è il suo pregio, intende portarci altrove.

LAVORARE CON LENTEZZA

Una storia così, secondo uno schema usuale, dovrebbe presentare rapidamente i personaggi, saltare i preamboli e approdare al vero motore della storia, cioè al delitto. The Night Of fa l’esatto opposto. Comincia presentandoci Nasir, prima all’università, poi mentre gioca a pallacanestro con la sua squadra, infine negli spogliatoi, dove un compagno lo invita ad una festa, che promette bene. Da questo momento in poi, Price e Zaillian  svelano il loro perfetto meccanismo narrativo, iniziando a concatenare tutte le perverse fatalità che porteranno Nasir, il bravo studente, a precipitare all’inferno. Ma tutto questo la serie lo fa con una precisione chirurgica e una progressione implacabile, scegliendo un ritmo lento e meditativo, immerso in un’atmosfera cupa e uniforme. Uno stile così anticonvenzionale che il protagonista John Turturro entra in scena solo dieci minuti prima della fine del pilot.

UN PAIO DI SCARPE COMODE

Non sveliamo naturalmente quello che succede alla fine. Ci limitiamo, invece, a raccontare una breve scena quasi alla fine dell’ultimo episodio. Quando il processo finisce, la compassata e combattiva Helen, avvocato dell’accusa, fa una cosa strana: si toglie le scarpe nere e (intuiamo) scomodissime che ha indossato fino a quel momento, per rispetto dell’aula e dell’istituzione, si mette un paio di sgangherate scarpe da ginnastica, si alza e se ne va. Che è, volendo, una delle due metafore chiave della storia. L’altra è l’eczema che perseguita il personaggio di John Turturro, un malessere che è affiorato all’esterno e di cui non ti puoi liberare, neppure grattandoti con furia. Mentre le scarpe sono l’emblema della giustizia, che è un rito scomodo ma necessario, anche se non è detto che ti porti veramente alla verità. Alla fine resta solo il prurito, il malessere. Il dubbio, l’impotenza, la casualità, il destino. Non sempre ci sono risposte. Né per quella notte, né per molte cose che accadono nella vita.