«L’unica chiave per fare una commedia romantica oggi è crederci con il cuore»: parola di Marco Ponti, il regista che in Io che amo solo te ha portato al cinema le irresistibili famiglie dei fidanzati Chiara (Laura Chiatti) e Damiano (Riccardo Scamarcio) nate dalla penna di Luca Bianchini e alle prese con l’amore, a tutte le età, sullo sfondo di Polignano a Mare. Lo stesso eccezionale gruppo è tornato nel sequel La cena di Natale in una nuova girandola di sentimenti: guardatelo ora su TIMVISION!
Ma dov’eravamo rimasti? In Io che amo solo te avevamo lasciato Chiara e Damiano nel giorno del loro matrimonio, con la madre di lei Ninella (Maria Pia Calzone) e il padre di lui Don Mimì (Michele Placido) che consegnavano a un “chissà?” l’ipotesi di riprendere la loro passione giovanile. Li ritroviamo tutti (insieme alle new entry del cast, Veronica Pivetti e Giulia Elettra Gorietti) ancora nel tumulto così umano e irresistibile dei loro sentimenti, in una Polignano a Mare spolverata di neve, seduti insieme alla tavola della Vigilia con parecchi colpi di scena.
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Il personaggio di Chiara, invece, sembra andare di pari passo con la vita della sua attrice: nel film sarà incinta all’ottavo mese, così come lo era Laura Chiatti sul set (di Pablo, il secondogenito avuto dopo Elia dall’attore Marco Bocci). «Da un lato la gravidanza unisce Chiara e Damiano, dall’altro continua a complicare il loro rapporto di coppia», racconta Chiatti. «Io lo so bene: quando si è in dolce attesa di dolce c’è ben poco. Chiara sarà presa dalla gelosia, giustificata dal comportamento di Damiano. Quando ho girato il primo film ero mamma di Elia da appena quattro mesi, qui ero incinta: la gravidanza ti rende più espressiva, ti dà più dolcezza e verità. Prima ero spesso scelta come femme fatale o “amante di”, adesso ricevo proposte anche di ruoli diversi, più maturi».
Ponti e Bianchini sono amici dall’università e lavorano gomito a gomito da sempre. «Con Io che amo solo te ci sembrava di aver solo innescato un movimento, ma che le cose migliori fossero ancora da dare», dice il regista. «In Italia bisogna fare i conti con i grandi della commedia, da Scola a Fellini, a Germi. Nei loro film c’erano personaggi spesso esecrabili: pavidi, mentitori, traditori, cinici. Però erano umani. Ho riguardato Mastroianni in Divorzio all’italiana: fa le cose più abominevoli, eppure gli si vuole bene. Ho detto a Riccardo Scamarcio: cerchiamo quel tipo di umanità lì». Con una certa dose di coraggio, perché di commedie sentimentali, in Italia, se ne fanno poche: «Quando abbiamo girato il ballo tra Ninella e Mimì piangeva tutta la troupe: se non ci emozioniamo noi per primi, come potrebbe farlo il pubblico? Tanto, meglio di Harry ti presento Sally non si può fare!».
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