AUTOMATA

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id., Spagna/Bulgaria, 2014 Regia Gabe Ibáñez Interpreti Antonio Banderas, Dylan McDermott, Melanie Griffith, Robert Forster, Birgitte Hjort Sørensen Sceneggiatura Gabe Ibáñez, Igor Legarreta, Javier Sánchez Donate Produzione Antonio Banderas, Sandra Hermida, Danny Lerner, Les Weldon Distribuzione Eagle Durata 1 h e 49′

In sala dal 

26 febbraio

Nel 2044 la Terra sta andando ormai verso la completa desertificazione e l’umanità cerca di sopravvivere in un ambiente sempre più ostile. Al declino della civiltà fa da contrappeso la rapida ascesa di androidi, soggetti però a rigidi protocolli che impediscono loro di danneggiare l’uomo. Ma un giorno Jacq Vaucan, agente assicurativo della Roc, società leader nel campo dell’intelligenza robotica, scopre che alcuni androidi hanno violato il secondo protocollo, quello che impedisce loro di modificarsi.

Interpretato e orgogliosamente coprodotto da Antonio Banderas, Automata è l’opera prima dello spagnolo Gabe Ibáñez che a partire dai romanzi di Isaac Asimov, la sua principale fonte di ispirazione, costruisce un immaginario post apocalittico che vanta almeno 25 riferimenti cinematografici (tra cui Blade Runner, Guerre Stellari, Ghost in the Shell, Wall-E) e coniuga la fantascienza degli anni Settanta e Ottanta, il western e il genere noir hollywoodiano, quello in cui un detective, a partire da un dettaglio apparentemente insignificante, scopre una realtà nascosta destinata a cambiare il destino di molti. Qui si tratta dell’intero genere umano. La trama del film prende le mosse infatti dal momento in cui l’intelligenza artificiale acquista forma collocandosi all’interno della teoria dell’evoluzione e i robot diventano portatori di quella fibra etica e morale ormai scomparsa nell’umanità. Concentrato sulle grandi domande che riguardano il destino umano piuttosto che sugli effetti speciali, il film è stato realizzato con grande economia di mezzi (salari bassissimi, set e oggetti riciclati da altri film, niente CGI) facendo di necessità virtù e trasformando la povertà in opportunità creativa. E nonostante cada nella tentazione di tutti i registi alle prese con la loro opera prima – quella di voler dire e sottolineare tutto, ma proprio tutto – Ibáñez riesce a trovare il proprio stile visivo spaziando con discreta disinvoltura tra buie e piovose strade metropolitane e inospitali deserti assolati.

Alessandra De Luca