POLVERE DI VECCHIE STAR

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Massimo GirottiNel secondo numero di del 2013, una rivista che vuole incidere sulla politica culturale del nostro cinema, voluta da Istituto Luce-Cinecittà, Anica e Direzione generale per il cinema e diretta da Gianni Canova, ci sono i risultati di un curioso sondaggio tra studenti. A 120 matricole universitarie milanesi, scelte tra le varie università cittadine, dallo Iulm alla Statale, è stato sottoposto un questionario con le immagini di dieci attori italiani “del passato” e dieci attori stranieri “del presente”. Cinque uomini e cinque donne di casa nostra e altrettanti del cinema mainstream. Agli intervistati veniva chiesto, senza ricorrere a telefonini, tablet, iPad o simili, di riconoscere il volto e di aggiungere a ciascuno il titolo di un loro film.

Julianne MooreI risultati sono decisamente sorprendenti. Perché nessuno, dicasi nessuno, ha per esempio riconosciuto né Alida Valli né Massimo Girotti, cioè due interpreti di film entrati da quel dì nella storia del cinema:
basterebbe citare Senso oppure Il terzo uomo per la Valli e Ossessione o ancora Senso per Girotti. Niente: buio assoluto. Ma anche la Mangano e Tognazzi hanno detto poco o pochissimo ai diciannovenni milanesi delle facoltà umanistiche. Va un po’ meglio alla Magnani e a Vittorio De Sica, ma sono molte anche le risposte che indicano solo Roma città aperta accanto al ritratto dell’attrice senza che sappiano ricordarsi il suo nome.

Colin FirthSituazione più rosea per i volti del cinema hollywoodiano: 105 intervistati su 120 riconoscono Keira Knightley e naturalmente il suo film più citato è Pirati dei Caraibi, 81 sanno chi è Colin Firth (più per Il diario di Bridget Jones che per Il discorso del re), così come in 73 sanno il nome di Tim Roth, anche se in molti lo associano alla serie televisiva Lie to Me e non a un film specifico. Va meno bene per Julianne Moore o Viggo Mortensen mentre va decisamente male per Helen Hunt o Jean Dujardin (nonostante l’Oscar che hanno vinto). Il commento di Gianni Canova è giustamente pessimista, perché questi risultati testimoniano «il sostanziale analfabetismo iconico» dei giovani italiani. E non certo di quelli dei ceti più disagiati, perché tutti erano iscritti al primo anno di un corso di laurea.

Anna MagnaniNon sarà un risultato scientificamente rappresentativo (il campione era troppo ridotto) ma indubbiamente ha un valore simbolico. E non dei minori. Poi l’articolo suggerisce anche altre riflessioni, meno eclatanti ma altrettanto importanti. Come per esempio l’ipotesi che i film abbiano «una capacità di radicarsi nell’immaginario e nella memoria molto più forte delle star». Non è un elemento secondario nell’economia dell’industria cinematografica. Abbiamo sempre pensato – o ci hanno fatto pensare – che sono le star ad attirare l’attenzione dello spettatore su un film. Misurando la memoria di quei 120 spettatori giovanili, viene da pensare il contrario, che sono altri gli elementi che si stampano nella memoria dello spettatore e che colpiscono la sua immaginazione. O comunque: forse è l’attore a stimolare la prima scelta ma poi è il film nel suo insieme a stamparsi nel cuore e nella mente di chi sta in sala. Non è una provocazione da poco (sempre ammesso che sia una provocazione). È un elemento su cui riflettere per capire quanto pesa il glamour delle star. Forse meno di quello che abbiamo sempre creduto…